PADRE CAPPELLO
Il P. Cappello nacque l’8 ottobre 1879. Entrò nel Noviziato dei Gesuiti, che allora si trovava a Villa Torlonia presso Castelgandolfo, il 30 ottobre 1913 all’età di 34 anni compiuti, essendo nato a Caviola, una frazioncina di poche case del comune di Falcade in provincia di Belluno. Nel gennaio di quello stesso anno era stato nominato Rettore e Maestro dei Novizi il P. Paolo Dell’Olio nato nel 1861 a Bisceglie in provincia di Bari. Il novizio era dunque un montanaro vissuto tra le vette dolomitiche, all’ombra del Civetta e del Pelmo; il maestro invece, un meridionale abituato al sole e alle splendide spiagge delle coste pugliesi. Ancora piú diversa era la loro crescita culturale.
Il novizio infatti aveva una profonda formazione giuridico-ecclesiastica, già noto per le sue pubblicazioni sul “Diritto pubblico ecclesiastico” e per il volume su “Chiesa e Stato”, di cui aveva curato una nuova edizione pochi giorni prima del suo ingresso nel noviziato. Il Maestro invece era un esperto di letteratura. Si laureò all’Università di Bologna ed ebbe il Carducci all’esame di laurea: da questi ricevette ampie lodi.
La fama di P. Cappello è legata soprattutto al suo amore per il diritto canonico. Di lui scrive P. Huizing S.J. (cfr. Oss. Rom. 24-25 aprile 1952) che a 83 anni terminò la sua attività con la settima edizione del suo trattato “De Poenitentia”. Era consultore di quattro Congregazioni romane e membro di tre Commissioni della Curia. Era teologo della Dataria Apostolica e censore dei casi di morale per il clero romano. Fu un collaboratore assiduo della rivista “Periodica de re morali canonica liturgica”. I due volumi sul Diritto pubblico ecclesiastico, usciti in due edizioni (1907 e 1913) e nel 1913 redatti in forma compendiosa per il clero, sopravvivono tuttora in questa forma nelle sei edizioni della “Summa iuris publici ecclesiastici” (1923-1954). In media una edizione ogni cinque anni! Il trattato “De censuris” ebbe quattro edizioni (1919-1950), i tre volumi della “Summa iuris canonici” cinque edizioni (1928-1951). Il successo maggiore l’hanno riportato i cinque volumi sul Diritto sacramentario, in particolare quello “De matrimonio”, con sette edizioni (1923-1960).
P. Cappello giunse a Roma durante il pontificato di S. Pio X, il Papa dalla cui ardente volontà di “omnia instaurare in Christo” è stata ispirata anche la decisione di codificare e di rivedere l’intero Diritto canonico. Il giovane sacerdote Cappello, cosí vicino al Santo proprio all’inizio dei suoi studi giuridici, non può non aver subito l’influsso potente di tale ispirazione. Infatti l’orientamento pastorale è distintivo della sua concezione del Diritto canonico. Per lui non era un ordinamento astratto ma anch’esso manifestazione della vita della Chiesa, la cui giustizia intende non solo di legare ma anche di sciogliere, anzi la cui finalità interna è per l’appunto quella di condurre i fedeli alla genuina libertà dei figli di Dio.
Testimonia Domenico Grasso (cfr. Oss. Rom., 25 marzo 1983): “Ogni mattina verso le cinque e trenta, si vedeva in cappella pregare a lungo, prima della messa, e dopo di questa protrarre il suo ringraziamento per una buona mezz’ora. Era solito dire che la preghiera era insostituibile, che di tutto si poteva fare a meno, tranne che della preghiera... Era ancora un sacerdote diocesano, quando scrisse un libretto audacissimo per i suoi tempi, dal titolo “I cattolici alle urne”. In quel tempo il concordato era ancora lontano e sui cattolici italiani pesava il “non expedit” di Leone XIII. Ma il p. Cappello non ebbe difficoltà a mostrare la sua opinione contraria. Per questo i suoi superiori ecclesiastici pensarono bene di inviarlo a Roma per continuarvi i suoi studi di diritto canonico. Confessava sempre nella Chiesa di S. Ignazio dove l’attendeva sempre una folla di gente disposta in lunghe file. Molti venivano ad aspettarlo alla porta della Gregoriana... un poliziotto suo amico, si assunse il compito di “disciplinare il traffico”“.
P. D. Mondrone (esortazione del 24 febbraio 1984) afferma: “I primi contatti di P. Cappello con la Civiltà Cattolica risalgono al tempo in cui egli, da neosacerdote, era cappellano a Sedico, nel Bellunese. Pur immerso nel lavoro pastorale, in due anni riuscí a conseguire tre lauree: la prima in teologia a Bologna, la seconda in filosofia presso l’Accademia di S. Tommaso a Roma, la terza “in utroque iure” presso l’Apollinare. Fu in quegli anni che cominciò anche a collaborare con articoli al settimanale bellunese “La Domenica”. Inclinava abbastanza alla polemica e una volta che gli scappò di definire Giuseppe Garibaldi “il bandito di Caprera”, passò un mezzo guaio nel quale ci volle la mano di Dio per salvarlo da un processo. [Nel 1905] fu preso da un’altra questione non meno grossa. ...Non expedit... Con l’elezione di Pio X si ebbero qua e là le prime deroghe... Don Felice, dopo aver studiato la questione, uscí presto con un altro opuscolo, “La questione dei cattolici alle urne”, che ebbe un’immediata e ampia diffusione. Le sue conclusioni furono trovate cosí giuste da essere ammirate dalla Civiltà Cattolica Il cui direttore padre Salvatore Brandi, a sua volta, commentava favorevolmente il testo di Pio X... Chiamato al seminario Gregoriano di Belluno per l’insegnamento del diritto canonico, il giovane professore fu in grado di pubblicare nel 1910, presso Marietti, “Institutiones iuris publici ecclesiastici”, ecc... Da quell’anno, 1910, le pubblicazioni di don Cappello si seguirono quasi a catena, di anno in anno. Ma quel 1910 doveva essere memorabile... Aveva compiuto tre anni d’insegnamento quando al termine del 1909 ci fu in quel seminario una ventata di novità. Anche lì accuse e controaccuse di modernismo... Tra i rimossi non fu risparmiato don Felice Cappello, ma fu per lui una svolta provvidenziale per tutta la vita. Messe le sue poche cose nella valigia, venne a Roma, dove fu accolto al Seminario Lombardo in via Gioachino Belli. Al di là del Tevere, c’era, in via di Ripetta, il Collegio dei redattori della Civiltà Cattolica... che lo aveva preso a seguire con ammirazione e simpatia e c’era il famoso padre Rosa, che in quei giorni correggeva le bozze dell’ultimo volume della Storia universale della Chiesa del cardinal Hengeroerther da lui tradotta... Due anni dopo don Felice pubblicava un altro volume col titolo Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato nell’ora presente; un libro nel quale le ipocrisie, le offese, i soprusi perpetrati dal governo italiano contro la religione cattolica e il suo Capo venivano apertamente denunciate. Ebbe l’incarico di ripetitore; poco dopo passò al Pontificio Collegio Leoniano di Via Pompeo Magno e insieme andava al Laterano... Verso il 1912, in un concorso per l’assunzione di un aiutante di studio alla Concistoriale, nonostante la votazione “con lode e la nota da preferirsi”, don Cappello non fu assunto... gli estromessi dal Seminario di Belluno erano ormai considerati come pecore nere; si seppe, infatti, che al concorrente mancò sempre il “nulla osta della curia d’origine”... giorni di amarezza... risoluzione di fare un pellegrinaggio a Lourdes per chiedere alla Madonna che cosa volesse da lui... Si era parlato (con p. Rosa) di vocazione religiosa, anche di quella alla Compagnia di Gesú, ma don Felice non riusciva a risolversi... le sue perplessità provenivano in parte dall’età - aveva 34 anni - e in parte dal lungo noviziato al quale avrebbe dovuto sottoporsi. A Lourdes fu la Madonna a dargli la grazia della decisione; aveva pensato piú volte ai camaldolesi, poi ancora ai benedettini, ma lí, dopo un’intera notte di veglia alla Grotta, si decise per la Compagnia di Gesú, con la quale a Roma aveva avuto tanti contatti... Più tardi disse che aveva preferito la Compagnia perché era l’ordine piú perseguitato dai nemici della Chiesa. Da Lourdes... andò a spedire un telegramma al padre Turchi chiedendo di essere ammesso nella Compagnia. I superiori credettero che quell’uomo era più necessario alla Gregoriana dove divenne uno dei professori di maggiore spicco e amato da tutti”.
P. Bronislao Zielinski testimonia: “Il 24 marzo 1962, vigilia dell’Annunciazione, il p. Cappello si sentí molto male. Il medico gli riscontrò la vecchia colica epatica ed in piú un collasso cardiaco. La mattina non volle rinunciare alla S. Messa e fu l’ultima volta che celebrò il santo sacrificio. Verso le quattro pomeridiane mi informarono che P. Cappello era stato accompagnato dal Padre Rettore e dall’infermiere nell’infermeria della Gregoriana. Poi, verso le otto di sera, il fratello sacrestano mi avvertì che avevano telefonato dalla Gregoriana chiedendo che io andassi subito perché Padre Cappello stava per morire. Mi accolse con un sorriso paterno... Verso le undici siamo rimasti soli... era lucido e pregava sottovoce. Verso mezzanotte il respiro divenne all’improvviso lento lento, il volto raggiante e gioioso con gli occhi fissi verso l’alto quasi vedessero, contemplassero e accarezzassero qualcosa di straordinariamente bello. Questa visione durò molto a lungo. Dopo qualche minuto, improvvisamente... un respiro più profondo e la fine. Era quasi l’una dopo mezzanotte del 25 marzo, in quel momento ero solo con lui: dopo pochi minuti cominciarono ad arrivare i Padri. Così, mentre iniziava il giorno festivo dell’Annunciazione la sua anima benedetta lasciava questo mondo”.