DIOCESI DI BELLUNO - FELTRE

S I N O D O   D I O C E S A N O

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NOTA PASTORALE DEL VESCOVO PER LA LETTURA DEI DATI DELL’INDAGINE SOCIO-RELIGIOSA REALIZZATA IN PROVINCIA ALL’INTERNO DEL CAMMINO SINODALE - NELL’ANNO 2002/2003

 Grazie!

 

 Ci ritroviamo in mano i dati del rilevamento sociologico compiuto in diocesi nei mesi scorsi, corredati da una prima lettura del sociologo che ha coordinato tutto il lavoro, assai complesso e molto serio. Avevo incoraggiato calorosamente l’indagine, che si colloca tra i primi strumenti per il cammino sinodale, avendo ben presente quanto il Vaticano II dice ai Vescovi: “Per raggiungere efficacemente tale scopo (pastorale) si potrà trarre notevolissimo vantaggio dalle indagini sociali e religiose, eseguite per mezzo degli uffici di sociologia pastorale, che sono da raccomandare con ogni premura” (PO, 17).

 Ora, prima di ogni altro, c’è un sentimento di gratitudine.

Evidentemente essa è diretta al prof. Paolo Corvo, dell’Università Cattolica di Milano, e ai suoi validi collaboratori, per la preziosa opera compiuta.

Un grazie speciale a chi ha seguito il lavoro in diocesi: “L’Amico del Popolo” ha particolare merito in proposito. Così desidero ringraziare l’Osservatorio socio-religioso del Triveneto per la collaborazione prestata.

Sono presenti nella mia gratitudine le decine di intervistatori, quasi sempre giovani, che hanno dato tempo per la preparazione e lo svolgimento dell’indagine, crescendo in competenza ed in entusiasmo. Senza la loro intelligente sensibilità, lo stile serio e amichevole con il quale sono state compiute centinaia di interviste e animati venti focus-groups e la passione per quanto si stava realizzando, mai avremmo potuto raggiungere il risultato che oggi vivamente apprezziamo.

Ma la sorpresa più grande è venuta dai diocesani stessi che hanno accolto la proposta. Non mancavano ansietà e dubbi che, prendendo a pretesto il carattere riservato dei montanari, pronosticavano un cammino faticoso all’indagine stessa. C’era chi temeva anche un fallimento. Così non è stato, perché gli abitanti di questo territorio, praticanti o meno, hanno riservato all’iniziativa proposta un’attenzione piena di comprensione e di responsabilità. Hanno aperto le porte delle proprie case e ancora di più le porte della propria vita, consci di dare un contributo importante ad una Chiesa che sinceramente li cercava, li interrogava, li ascoltava. Seicento persone della diocesi, selezionate secondo i rigorosi criteri delle scienze umane, hanno risposto a decine e decine di domande, permettendo di accumulare un materiale prezioso; altre duecento hanno approfondito i temi principali dell’indagine nei focus-groups. Grazie a tutto questo materiale veniamo aiutati concretamente a rispondere a questioni che ci stanno molto a cuore: “Chi siamo noi cristiani di Belluno-Feltre? Come viene percepita la nostra presenza e la nostra opera? Cosa si richiede alla Chiesa diocesana?”

 

La Nota pastorale

 Con questa “Nota” desidero aiutare una prima lettura dei dati. Sarà una lettura “pastorale” che presuppone il lavoro del sociologo, vi rimane scrupolosamente fedele, ma procede oltre, perché mossa da una domanda ulteriore. Ho già caratterizzato tale passaggio, grazie al quale andiamo oltre, come il tempo del discernimento. Viene allora presupposto quanto ho indicato in proposito nella Lettera pastorale: “Discernere secondo la volontà del Signore”. Invito quindi tutti coloro che studieranno e lavoreranno sui dati che qui vengono presentati a mettersi nell’ottica giusta di chi sta cercando la volontà di Dio sulla nostra Chiesa. Cifre, grafici, tabelle, tavole di comparazione, ecc. sono strumenti indispensabili per essere concreti, per controllare i nostri possibili pregiudizi e le nostre inevitabili simpatie o paure. Così saremo ancorati a quel presente, ben localizzato, che è l’unica trama sulla quale si va costruendo il Regno di Dio in mezzo a noi.

Infine desidero ripetere ancora una volta che, al di là dell’importante risultato di questa inchiesta, c’è lo sviluppo di uno stile, la scoperta di una possibilità, l’indicazione di una strada che dovrà essere percorsa ancora nel futuro. È la strada dell’“ascoltare” e del “vedere” che si è aperta davanti a noi, ricca di promesse.

 

UN CONFRONTO

 1. La cornice della modernità

 Come vostro Vescovo avverto il compito di suggerire una cornice di lettura ai dati dell’inchiesta.

Innanzitutto vi rimando alla considerazione di quei movimenti più ampi, di carattere sociale, culturale, ecclesiale, che si rispecchiano in pieno nella nostra situazione. Sì, perché l’indagine sociologica che ci ha fotografato, ci mostra pienamente inseriti nel nostro tempo e lascia vedere nei nostri lineamenti e nel volto della nostra terra tutte le caratteristiche dell’uomo che ha attraversato la modernità e si sta affacciando su un tempo nuovo. Vorrei essere più esplicito! Richiamando la modernità mi riferisco a quel vasto fenomeno grazie al quale gli uomini hanno fortemente creduto alla propria libertà, hanno rivendicato l’autonomia in campo scientifico, politico e ultimamente anche etico, si sono appassionati ai “Diritti dell’Uomo” e li hanno gelosamente difesi. È stata la stagione in cui si è creduto nel progresso, si è confidato nello sviluppo e si sono investite grandi forze nel progettare. È stato sentito come un dovere costruire dei progetti per elaborare dei piani di intervento. La socializzazione a tutti i livelli, innanzitutto quello del lavoro, ma anche quelli dell’assistenza, della cultura, del tempo libero, è diventata un orizzonte vissuto positivamente. La fioritura dell’associazionismo e l’impegno diffuso nel volontariato che ci hanno segnato, trovano qui una delle loro spiegazioni. Da qui anche la grande stima per la comunicazione, in tutte le sue forme, che ci ha aperto al mondo intero.

Questo immane cammino ha avuto ricadute positive e negative sulla vita di fede. Di volta in volta negli ultimi decenni si è parlato di secolarizzazione, di soggettivizzazione della religione, di relativizzazione dei valori. L’ultima stagione è caratterizzata dall’incertezza per cui non siamo più sicuri dei risultati raggiunti e scrutiamo con ansia l’avvenire: Come lavoreremo? Come cresceranno i nostri figli? Cosa avverrà di noi quando ci ammaleremo? E la nostra terra sarà ancora abitabile? Riusciremo a stare al passo della corsa imposta dallo sviluppo tecnologico? In tale contesto non mancano paure da cui nascono chiusure verso gli altri, difese forti della propria identità, rinuncia ad un impegno che vada oltre il privato; ne soffre in modo speciale l’impegno politico e sociale. I vincoli con una religione ben strutturata quale è quella cristiana si sono allentati, senza essere recisi.

 

2. Immersi nel nostro tempo

 Ora tutto ciò è visibile anche nella nostra realtà. Oso dire che è più visibile che altrove. Le nostre montagne non sono state barriere: esse non ci hanno chiuso a un mondo che cambiava e non ci hanno difeso dai pericoli che hanno accompagnato il cambiamento. Perché? Mi viene spontaneo pensare a due fenomeni che hanno segnato la nostra storia nell’ultimo secolo. Il primo è l’emigrazione che ha portato i bellunesi in ogni parte del mondo, li ha abituati al confronto con altre culture, ha insegnato loro altre lingue. In molte case sono stati vissuti quasi in anticipo un’apertura e forse anche un ecumenismo che altre zone d’Italia hanno conosciuto più tardi. Il secondo fenomeno imponente è costituito dal turismo che interessa buona parte del nostro territorio. Anch’esso veicolo di incontri, di conoscenze, di scambi, grazie ai quali siamo inevitabilmente cambiati. Né dimenticheremo che emigrazione, turismo, spirito di iniziativa hanno realizzato, con tante fatiche oneste, un diffuso benessere.

Se questi sono alcuni elementi che mostrano la nostra terra perfettamente inserita nel movimento culturale che si è creato in Italia e nel mondo, il Vescovo giunto da lontano legge però nei dati che il sociologo gli mette in mano anche alcune particolarità della sua diocesi e cerca di intuire quale potrebbe essere la vocazione specifica di questa terra. Nomino solo le bellezze naturali che si sono date appuntamento in uno degli angoli più ammirati e visitati del mondo. Ricordo una storia nella quale la tradizione ha potuto mettere radici profonde e creare un’identità ben definita, segnata indelebilmente dalla religione. Vedo la generale soddisfazione che accompagna molti quando considerano la propria vita personale e familiare.

Segnalerò nella presente ‘Nota’ alcuni dati che sorprendono, positivamente e negativamente, tracciando lineamenti peculiari della nostra realtà.

 

Ho sentito il bisogno di rifarmi ad una cornice più ampia e invito ad approfondire e studiare il legame che collega noi ai fenomeni più vasti della cultura: nasceranno confronti utilissimi e indispensabili.

Ora tuttavia mi voglio concentrare nella presentazione dei dati dell’inchiesta che stiamo esaminando.

UNA RICHIESTA: “VOGLIAMO VEDERE IL VOLTO UMANO DELLA CHIESA”

 Dovendo sintetizzare quanto viene chiesto alla nostra Chiesa – e questo è il punto che interessa maggiormente – avverto insistente una domanda: “Fateci vedere il volto umano della Chiesa di Belluno-Feltre”.

Un desiderio attraversa tante risposte con una direzione univoca: la ricerca di una Chiesa-madre, il bisogno di sentire il suo cuore, l’attesa di ascoltare dalle sue labbra parole comprensibili, buone, amichevoli.

Questa indicazione riassuntiva è solo una traccia per quanti vorranno riprendere in mano i dati dell’inchiesta o i risultati già elaborati dal sociologo. Inviterei a fare attenzione ai seguenti punti: il primo posto in assoluto assegnato alla carità come compito della Chiesa, la domanda insistente di farsi carico dei poveri e dei loro bisogni, l’attesa di un rinnovato impegno in campo educativo, accanto ai bambini e ai giovani, l’apprezzamento generale per le iniziative ecclesiali che coprono tali settori, la stima di cui è circondato il sacerdote buono, aperto, presente accanto ai giovani, agli ammalati e ai poveri (tabella 1)

Anche la richiesta di uno spazio più ampio e più visibile dato ai laici sembra incontrare tale direzione (tabella 2).

Non appare infatti come una rivendicazione di spazi o competenze, ma come un bisogno di sentire il messaggio cristiano nella quotidianità, proposto dall’esperienza di chi sta accanto, supportato dalla testimonianza.

Nella lettura che vi propongo, entrano in un preciso contesto anche i rimproveri che la nostra indagine documenta, le fatiche che essa attesta, le distanze che denuncia.

 Si rimprovera il modo di organizzare la struttura della Chiesa (tabella 3).

Si fa fatica a comprendere una parte consistente del messaggio morale cristiano, avvertito come troppo duro (tabelle 4, 5). In proposito sono ormai assai lontane, nel passato che ci sta alle spalle, l’immagine di un Dio che castiga o la considerazione del peccato come espressione di una volontà cattiva, di cui portare la responsabilità.

Ci si sente distanti dalla proposta impegnativa della preghiera (tabella 6).

Tra le pieghe di tanti dati troverete una sintonia con questa ricerca di fondo in molti risvolti: la devozione indirizzata in modo preponderante a Maria e ai Santi; il bisogno, ampiamente documentato, di conforto; la sottolineatura delle esperienze di dolore, malattia, lutto come occasioni di preghiera e di ricerca spirituale (tabella 7).

 

UN’APPARTENENZA CHE TIENE

 Se è vera la lettura di una richiesta così qualificata, diventa obbligatorio interrogarsi sulla sua origine: da dove nasce la domanda rivolta alla Chiesa con tanta insistenza? Cosa muove un desiderio che appare assai eloquente? Vogliamo rimanere aderenti ai dati che stiamo studiando. Ci pare che essi ci indirizzino verso un’affermazione netta: si cerca una Chiesa umana perché la religione è fortemente radicata, la fede è viva, l’appartenenza ecclesiale è sentita, il legame con la tradizione è solido. Questo è quanto afferma, sostiene, desidera o talvolta rivendica la maggioranza dei bellunesi. Ognuna di queste voci merita un chiarimento che proporrò di seguito.

Prima però voglio fare una precisazione cui do molta importanza. Ci stiamo accostando a quella parte dell’indagine che ha fotografato più direttamente la religiosità. Possono colpire le alte percentuali di coloro che globalmente si dichiarano credenti, vicini alla Chiesa, attenti ai valori cristiani, ecc. Vorrei che non trascurassimo mai la fetta, pur significativa, di chi invece si colloca in posizioni alternative, critiche o indifferenti. Leggeremo i dati con attenzione, per cogliere non solo le indicazioni complessive, ma anche quelle che fanno riferimento all’età, al sesso, al grado di istruzione, alla professione, alla collocazione geografica. Solo così ci avvicineremo alle convinzioni dei più giovani, degli operai, del mondo femminile, dei professionisti, ecc. Per il nostro discernimento ciò sarà essenziale.

Tuttavia ora voglio ritornare all’impressione più generale, per confermarla ed esaminarla. In una parola potremmo affermare che il cristianesimo, nella nostra terra, non è minoritario, né marginale, né spento.

Si leggano le tabelle che riguardano la fede per rilevare l’altissimo numero di coloro che si dichiarano credenti (tabella 8). O quelle che riguardano la preghiera, il culto, la celebrazione dei sacramenti: troveremo un’adesione che può essere definita di massa. Il legame con la Chiesa è affermato con forza. Esso passa soprattutto attraverso la parrocchia: la figura del parroco è importante, non si vorrebbe mai restare senza prete; si segue la vita della comunità attraverso il bollettino parrocchiale (ma attenti ai dati che riguardano i giovani!); si concorre generosamente anche alla vita economica della parrocchia. Si apprezza la tradizione riconoscendole una grande funzione di socializzazione. Le riserve dei decenni passati sembrano lontane.

Come non essere grati a chi ha tanto lavorato prima di noi per la fede della nostra gente?

E come non godere di un patrimonio di cui riceviamo così chiare conferme?

Avverto pure la responsabilità che nasce da una situazione che può essere ben raffigurata nel crinale. Ci troviamo su un punto assai alto e anche pericoloso: da qui si può procedere, per salire ancora, facendo tesoro delle ricchezze presenti, ma si può anche scivolare all’indietro, disperdendo il frutto di quanto è stato costruito con il contributo delle generazioni passate. Con questa considerazione sto già portandomi sul terreno del discernimento che faremo insieme nel secondo tempo del cammino sinodale, sotto la guida dello Spirito e sentiamo già quanto sarà essenziale la sua luce che invochiamo umilmente. Ora ritorno al compito di oggi per ribadire che la lettura dei dati ci ha mostrato il terreno da cui nascono le domande rivolte alla Chiesa: è un buon terreno cristiano!

 

PER UN’INTELLIGENZA PIÙ PROFONDA

 A questo punto si fa presente con insistenza al mio spirito l’episodio narrato dal Vangelo di Giovanni (Gv 12, 20-24). Alcuni Greci presenti a Gerusalemme per la Pasqua hanno una domanda precisa per la quale cercano l’aiuto dell’apostolo Filippo, che si consulta con Andrea: “Vogliamo vedere Gesù”. Quando la richiesta viene portata a Gesù, Egli non la esaudisce subito, ma misteriosamente lascia intendere che è necessario il passaggio pasquale, nel quale il seme caduto in terra deve marcire e morire, pena rimanere solo.

Penso alla domanda di tanti nostri conterranei: “Vogliamo vedere la Chiesa” e le loro richieste che abbiamo ascoltato con chiarezza. Neppure da noi deve venire una risposta immediata, diretta, priva di discernimento. Quelle richieste vanno studiate, anche nei loro aspetti meno chiari e forse preoccupanti. Una generosità che moltiplicasse le risposte al bisogno religioso, all’attesa di un impegno forte per i più poveri, al sostegno della tradizione dei nostri paesi, ma fosse priva di intelligenza profonda, rischierebbe di non essere fedele al Vangelo.

L’opera di discernimento deve quindi tenere conto di alcuni dati ci inquietano! Sono quelli che mettono in luce come per un quarto degli intervistati la religione non è di aiuto nel dare significato alla vita; così come circa un terzo non condivide l’immagine di Dio come Padre che si preoccupa dell’umanità (tabella 9). Inquietano poi i dati sulla fedeltà alla domenica anche da parte di chi si dichiara "cattolico convinto" (tabella 10), quelli che documentano una rarefazione della preghiera personale, quelli che confessano adesioni parziali al Credo della Chiesa, con preoccupanti silenzi su punti essenziali: la vita eterna è certamente essenziale, eppure attorno ad essa c’è una fitta nebbia per un alto numero di cristiani (tabella 11).

Riguardo alla morale i dati non si discostano dalle medie nazionali, già rilevate in numerosi studi recenti. Questa constatazione non diminuisce comunque la preoccupazione con la quale esaminiamo l’influsso della fede sulla vita: la crisi che investe vistosamente la confessione si iscrive in tale contesto. Non ci impedisce neppure di vedere alcune peculiarità, tutte nostre grazie alle quali ci allontaniamo dalle medie nazionali. Evidenzio il caso dell’eutanasia: siamo molto più favorevoli del resto degli italiani (tabella 12)! Perché? Temiamo il dolore o la solitudine o l’abbandono? Si è affievolito il senso dell’eternità o la fiducia nella Provvidenza? Scopriamo nelle risposte al questionario che alla Provvidenza che guida la nostra vita e quella del mondo non si presta in genere una forte fiducia.

Un altro dato sul quale è necessario riflettere: veniamo sorpresi dall’altissimo numero di persone che si dichiarano soddisfatte della propria vita (in una scala da 1 a 10 il 56% del campione ha indicato un valore compreso tra 8 e 10, dato che sale all’82.2% conteggiando anche i 7). E poi dobbiamo capire alcune chiusure alla vita e agli altri che ci distanziano ancora dalla media comune.

Questi sopra riportati sono solo alcuni esempi di quanto propongo alla considerazione attenta di chi vuol leggere la nostra indagine, rivolto al discernimento spirituale e pastorale.

Già il sociologo, nelle considerazioni finali, ci ha messo sull’avviso per una lettura intelligente.

“Questo quadro è in linea con quanto espresso a proposito dell’immagine di Dio e della religione come elementi che intervengono per aiutare l’uomo e per supplire alle sue mancanze o ai suoi dolori; questi elementi sembrano indicare una religiosità ‘di sottofondo’, che viene fatta emergere nei momenti in cui ‘serve’ a qualche funzione, più che di un’esperienza di fede che accompagna la persona nel corso della quotidianità, con i suoi aspetti di serenità e le sue prove più o meno impegnative”.

 Ancora:

“Vengono apprezzati i servizi sociali gestiti da organismi ecclesiali, ma il ruolo sociale della comunità cristiana viene messo tra parentesi, così come alcune delle sue funzioni fondamentali (l’invio nel mondo di missionari, l’amministrazione dei sacramenti, la definizione di ciò che è bene e ciò che è male). L’immagine di Chiesa che ne esce riprende in larga parte quella riscontrata per le caratteristiche della religiosità: per semplificare, sì ad una Chiesa che aiuta chi soffre, no ad una Chiesa che detta leggi; sì ad una fede che interviene nei momenti di difficoltà, no ad una fede che pretende di abbracciare ogni aspetto della vita”.

Sono considerazioni da ponderare. In base ad esse al Vescovo preme raccomandare a tutti di non cercare tra i dati dell’indagine una frettolosa conferma delle proprie tesi o delle proprie preferenze, fosse pure della centralità della carità o dell’importanza della pastorale giovanile o del peso della tradizione, ecc. 

 

CONCLUSIONE

 Un materiale tanto ricco, che ci presenta un quadro assai complesso, ci rimanda ad un approfondimento ulteriore di cui ripeto ancora una volta il nome: è il discernimento comunitario.

 Farà tesoro del contributo di tutti nella convinzione che molti occhi e diverse sensibilità possono cogliere aspetti altrimenti invisibili. Utilizzerà ancora sapientemente l’apporto delle scienze umane e ascolterà volentieri gli esperti per quanto potranno dare in vista di una comprensione il più possibile oggettiva. Chiederà abbondante luce dall’alto per comprendere i “segni dei tempi”.

 Davanti a me appare come una confluenza grazie alla quale la strada che percorriamo seguendo l’indagine sociologica incontra quella che si è delineata nei momenti dell’“ascoltare” e del “vedere”. Percorrendola per un lungo tratto, specialmente nei gruppi sinodali, abbiamo scorto l’orizzonte del nostro Sinodo e ne abbiamo formulato il tema.

 La VITA occuperà la nostra attenzione, il lavoro, la preghiera. Una vita da amare, promuovere, difendere; una vita soprattutto da annunciare presentando il volto di Cristo che ripete al nostro tempo: “Io sono la Vita”.

E poi l’impegno formativo per educare alla vita, impegno che diventa concretissimo e urgente nei riguardi della famiglia e dell’ampio terreno sociale e politico.

Affido lo studio approfondito dell’indagine a tutta la diocesi.

Faccio comunque il nome di alcuni destinatari ai quali chiedo un impegno particolare:

–  i consigli diocesani, presbiterale e pastorale;

–  i consigli pastorali, foraniali e parrocchiali;

–  ‑le varie scuole: la "Cattedra del Concilio", lo Studio teologico del Seminario, le scuole di teologia, le scuole di formazione sociale;

–  ‑gli esperti che possono disporre di una approfondita conoscenza della realtà locale: di solito essi si trovano nell’ambito politico, amministrativo, economico, culturale;

–  ‑i mezzi di comunicazione sociale dei quali conosco e apprezzo il ruolo che avranno nel diffondere i dati della nostra inchiesta;

–  ‑quanti in questo momento non frequentano la vita ecclesiale, ma guardano ad essa con interesse, con amicizia o anche con spirito critico.

 I Gruppi sinodali non sono direttamente investiti di questo compito in quanto il loro percorso, nel 2003-04, segue le indicazioni valide per il secondo tempo del cammino sinodale, con sussidi propri.

 Auspico vivamente che la presente ‘Nota’ possa offrire una buona pista di lettura. In essa non è impegnato direttamente il magistero del Vescovo che intende mettere a servizio della ricerca comune la propria sensibilità, l’esperienza umana e pastorale, una visione d’insieme di solito favorita dal suo ministero e infine l’amore sincero per questa terra e le sue sorti.

Belluno, 2 ottobre 2003

   Vincenzo, vescovo

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