IL DISCERNIMENTO IN COMUNE

(dalla lettera pastorale "Discernere secondo la volontà del Signore")

Dobbiamo ora riprendere il cammino. La sosta ci ha aiutato a scegliere il sentiero migliore. Per raggiungere la meta occorre che rafforziamo gli strumenti a disposizione. Per poter rendere sicura la nostra scelta dobbiamo imparare a perfezionare il nostro passo. Entriamo nel vivo del nuovo passaggio: saper discernere in ciò che abbiamo visto quello che è giusto scegliere per giungere alla meta.

Vorremmo sollevare il velo che copre il volto della donna misteriosa, arrivata vicino al sepolcro, di buon mattino.

Una sorpresa: è la Chiesa!

In ogni tempo infatti la Chiesa va alla ricerca del suo Signore. È mossa dall'amore trepido che teme di averlo perso e soffre per lo smarrimento; vive della speranza nascosta in una novità che non riesce ad immaginare; è chiamata ad un appuntamento di fede, dove riconoscere il Maestro, vivo e operante oggi.

Questo movimento che si rinnova in ogni epoca, riceve il nome di "discernimento" e più precisamente di "discernimento comunitario o ecclesiale".

Il termine, suggerito da Paolo alla comunità di Roma ‑ "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma traformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e pefetto" (Rm 12, 2)  ha ricevuto dallo stesso apostolo alcune fondamentali specificazioni.

"Cercate ciò che è gradito al Signore" (Ef 5,10).

"Prego perché la vostra carità si arricchisca sempre di più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio" (Fil 1,9‑10).

`Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono" (1Ts 5,21.

"Tu conosci la sua (di Dio) volontà e sai discernere ciò che è meglio" (Rm 12,8).

Accoglieremo allora questa parola di chiara derivazione biblica. Essa ci indirizza ad una serie di verbi ben caratterizzati: "distinguere, riconoscere, saper giudicare; mettere alla prova, saggiare, verificare, vagliare". Non andremo certo verso una nuova moda, ma resteremo fedeli ad un impegno che è stato formulato con forza da Gesù stesso: "Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?" (Le 12,56).

Il nostro tempo è tempo di complessità, anche di confusione e di oscurità. Sono situazioni non nuove nel cammino della Chiesa e nella storia del mondo. C'è chi invoca subito leggi da seguire, norme chiare, punti di riferimento precisi. Se rispondessimo subito a tali richieste avremmo solo animali un po' più addestrati!

Per essere cristiani maturi che sentono, giudicano e scelgono nello Spirito, si apre davanti a noi la strada lunga del discernimento. All'inizio non si noteranno differenze; occorrerà adattare l'occhio, formarlo, renderlo capace di percezione attenta. Ci preme distinguere il piano di Dio e imparare a percepire la voce dello Spirito che ci chiama nella libertà.

 2. Cosa è il discernimento

Tra le tante descrizioni del discernimento proposte negli ultimi anni, mantiene vera freschezza quanto hanno scritto i Vescovi italiani, preparando la comunità nazionale al Convegno di Loreto (1985):

"Ma cosa vuol dire discernimento?

Significa rendersi sensibili alt 'azione dello Spirito nella comunità degli' uomini di oggi, per favorire quelle realtà e processi che

appaiono mossi dallo Spirito di Dio, e per smascherare e contrastare quelle realtà e processi culturali e sociali che appaiono contrari

allo spirito evangelico. Il principio che sottostà a questa azione di cernita è la certezza che anche ora e adesso lo Spirito santo, la cui azione nella Chiesa i santi Padri poterono paragonare a quella che esercita l'anima nel corpo umano, fa vivere la Chiesa stessa in quell'amore divino che è la legge suprema del regno, che è stato riversato nei nostri cuori. Lo Spirito conduce l'umanità dal peccato e dalla divisione, mediante la riconciliazione alla comunione. Cogliere la dinamica e la direzione di questo cammino nei fatti di Chiesa e nei fatti di ciripà è fair opera di discernimento. Lo Spirito fa .sperimentare a coloro che si lasciano guidare da lui i doni della riconciliazione, della gioia, della pace. La percezione pratica di questi doni fonda il discernimento cristiano" (La forza della riconciliazione, 3.2.1).

Si fa immediatamente evidente che il discernimento ‑ quello comunitario in particolare ‑ non è un dibattito su un argomento e nemmeno uno studio o una riflessione guidata e partecipata. Soprattutto non è opera di conoscenza disgiunta dall'amore e dalla fede. Noi crediamo alla comunità come un organismo vivo dove le persone che lo compongono creano una comunione di cuori tale che lo Spirito Santo si può rivelare. Il discernimento in comune fa leva specialmente sull'amore nel quale vive la comunità: la carità fraterna porta alla vera conoscenza!

Non sarà sfuggito a nessuno quante volte è già stato nominato lo Spirito santo. La nostra collocazione è chiara: essa è teologale in quanto guarda le cose dal punto di vista di Dio e da Dio attende un dono per conoscere il cammino che ci attende.

Ma il dono dello Spirito suscita in noi un atteggiamento stabile al quale diamo il nome di `virtù'. Grazie alla virtù del discernimento il nostro animo acquista la capacità di riconoscere, in ogni circostanza, quello che conviene fare; sa scorgere innanzitutto che in ogni circostanza conviene fare qualcosa, che le diverse situazioni in cui veniamo via via a trovarci, ci riguardano, ci interpellano, ci invitano a prendere parte, non ci respingono invece nella situazione troppo comoda (ma anche troppo scomoda) di coloro che sono sempre e solo spettatori. .

Grazie a questa autentica virtù noi fuggiamo la tentazione di far finta di niente, di estraniarci dalle situazioni in cui di fatto viviamo, quasi esse non ci riguardassero in nessun modo. La mancanza di discernimento potrebbe essere una colpa per la nostra Chiesa.

 3. Che cosa discernere

L'apostolo Paolo ci ha preceduto affermando che il discernimento cerca "la volontà di Dio". Poi ha specificato: "Ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".

Vi ricordate? Appena abbiamo incominciato il cammino verso il Sinodo, ve ne ho parlato come di un grande momento penitenziale per tutta la diocesi. So che molti sono rimasti sorpresi da questa prospettiva, che ora si fa più chiara.

Alla ricerca della volontà di Dio vediamo subito quanto il nostro cammino si sia allontanato dal suo e quanto i nostri pensieri hanno preso la distanza dai suoi (cfr. Is 55,8). Dio ci aveva affidato un progetto buono, amorevolmente e sapientemente formulato; noi lo abbiamo manomesso da ogni parte, rendendolo talvolta irriconoscibile. Penso subito alla famiglia, ad ogni famiglia, nata dall'incontro fra l'uomo e la donna, e penso alla grande famiglia umana alla quale il Creatore buono aveva destinato i suoi doni, in maniera equa, affinché vivesse nella pace. Penso alla Chiesa, chiamata a ripercorrere la via di Gesù che aveva rinunciato ad ogni potere, prestigio e successo (cfr. Fil 2,5‑11). Penso ancora alla storia di ogni uomo, chiamato alla vita e alla pienezza della vita (cfr. Gv 10,10.

Cosa vuole il Signore da noi che viviamo in questa terra, che Lui ha amato e benedetto, e in questi tempo nel quale egli non ha certamente rinunciato alla sua Signoria, che ha il volto del Regno? Ci viene incontro la figura buona del beato papa Giovanni XXIII, riproponendoci la sua Pacem in Terris e domandandoci di fidarci di quella categoria dei segni dei tempi da lui formulata con fede e in seguito abbandonata troppo in fretta.

Allora la ricerca della volontà di Dio domanda oggi la vigilanza, l'occhio attento, il cuore trepido della sentinella che sa scorgere i primi bagliori di un mondo nuovo che viene alla luce e sa ascoltare i gemiti di nuove sintesi da far maturare con paziente servizio al mondo. Basterebbe l'esempio della ricerca della pace.

Ma occorre scendere alla lettura dei sentimenti che attraversano questo nostro tempo e lo caratterizzano. Forse essi si congiungono nel sentimento del desiderio che si accende quando si avverte un'assenza, quando il cielo diventa deserto e muto, privo di stelle. Oggi avvertiamo l'assenza di alcuni fondamentali valori condivisi, di fraternità, di senso da dare alla vita. In fondo si tratta dell'assenza di Dio. Il desiderio, se ben interpretato e coltivato, suscita la ricerca feconda; represso, genera inizialmente nostalgia, piuttosto sterile, poi delusione, stanchezza e indifferenza.

4. Chi è il soggetto del discernimento?

L'insistente richiamo allo Spirito santo ci suggerisce che il soggetto che discerne è l'uomo spirituale. Dunque il credente che si affida all'azione del Paraclito. Un uomo che desume i suoi criteri di giudizio dalla Parola di Dio. Dobbiamo ammettere che la nostra tradizione conosce bene il discernimento personale, mentre ignora quello comunitario o “in comune”. La consapevolezza che nella Chiesa alcune decisioni vengono prese dall'autorità superiore (Concilio, Papa, Vescovi) ci ha abituati ad aspettare troppo dall'autorità. Così abbiamo trascurato il discernimento fatto insieme, dimenticando che anche la ricezione di quanto, per sua natura, è riservato ai Pastori, domanda ancora discernimento e non esecuzione meccanica, piuttosto passiva e talvolta risentita. Come avrebbe potuto realizzarsi la riforma liturgica voluta dal Concilio se avesse percorsa la strada del discernimento comunitario, per una ricezione convinta e costruttiva? È solo un esempio al quale si possono associare altri temi: gli organismi di partecipazione, la riscoperta degli itinerari per l'iniziazione cristiana, il dialogo ecumenico e interreligioso, la presenza dei cristìani nel mondo sociale e politico.

Il discernimento comunitario vede all'opera un gruppo che possiede un centro. Sarà Cristo e il suo Vangelo, sarà la fede e la capacità, almeno iniziale, di comunicarla. Sarà l'appartenenza alla Chiesa di cui si condividono le ansie, i progetti, l'esperienza. Sarà la preghiera, personale e comunitaria, quale fonte di ispirazione. Sarà il pastore, segno visibile di unità.

Cristo, il Vangelo, la fede, la Chiesa, la preghiera, il pastore: non occorre scegliere né è necessario stabilire una gerarchia. Chi vive di fatto la Chiesa sa che questi sono i suoi punti vitali di riferimento. Saranno i punti di riferimento anche per il discernimento.

E tuttavia non ci sono esclusioni; non può esserci autosufficienza.

La Chiesa ha bisogno del mondo (GS 44).

L'antico Israele fu spesso aiutato e istruito dai pagani: da letro, suocero di Mosè, fino a Ciro, re di Persia. Una donna pagana strappò uno dei miracoli più commuoventi di Gesù; un militare pagano espresse una delle preghiere più belle del vangelo; meritandosi l'elogio di Gesù stesso; un centurione romano fece la prima professione di fede: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15,39).

Noi oggi avvertiamo un grande bisogno degli altri, anche dei lontani; anche dei nemici, se ce ne fossero!

I fatti sui quali si eserciterà il nostro discernimento ci domanderanno un'attenta documentazione. Noi temiamo le letture fideistiche che attribuiscono troppo in fretta il bene o il male alla Provvidenza o al Maligno. Abbiamo bisogno di capire e di studiare. Ci aiuteranno anche le scienze umane. Ascolteremo chiunque abbia competenza. Sappiamo che non esiste, nemmeno nella Chiesa, la persona “illuminata” che capisce tutto da sola, che informa gli altri e poi dirige le scelte nel modo da lei voluto. Chi si atteggia in questo modo è pericoloso e non serve il discernimento che invece chiede umilmente aiuto a tutti.

5. Il clima del discernimento

Abbiamo evidenziato il protagonismo dello Spirito santo! Dovrebbe risultare evidente che il clima del discernimento, l'unico che lo protegga e lo faccia crescere, è la preghiera.

La preghiera infatti ci mette in sintonia con lo Spirito. Quando si è arrivati a questo traguardo è possibile guardare in fondo alle cose. La visione dei nostri ritardi e delle nostre colpe non ci deprime più; l'occhio si purifica e diventa capace di vedere cosa si muove nel profondo di noi stessi e della nostra storia, già radicalmente salvata. L'ascolto delle domande esigenti che ci richiedono cambiamenti non ci provoca affanno se la preghiera mantiene desta la vigilanza e la prontezza per nuove partenze.

Sarà una preghiera di lode e ringraziamento per tutto il bene che scopriamo; una preghiera di supplica e intercessione per tutti i bisogni che tormentano la nostra terra. La preghiera ci collocherà ogni volta nella verità: la Chiesa, il mondo, l'umanità sono di Dio: Egli è il Signore che opera infaticabilmente; Egli solo è il buon Pastore al quale noi diamo braccia e cuore e voce, con disponibilità umile. Sarà una preghiera personale e comunitaria; darà sostegno al discernimento quasi da lontano e sarà il primo atto di ogni nostro incontro. Così preparati ci disporremo all'ascolto.

Presteremo ascolto a Dio e ai fratelli che ci hanno tanto parlato nel primo anno del cammino sinodale. Nessuna voce ci è estranea, nessuna esperienza inutile. San Benedetto sapeva che Dio spesso rivela la sua volontà al più giovane e per questo esigeva che tutti fossero ascoltati. Noi seguiremo tale norma che ci fa attenti ad ogni contributo. Saremo umili! Non scambieremo mai un incontro di discernimento comunitario con un dibattito. L'umiltà non si manifesterà necessariamente in un cambiamento di opinione, ma con il riconoscere che le nostre opinioni non sono mai frutto di un ragionamento privo di ogni sentimento e di ogni pregiudizio. Scopriremo le nostre paure: paura di perdere una sicurezza e paura di perdersi.

Saremo capaci di vero discernimento se non avremo timore di cambiare, se saremo aperti al nuovo, se ci disporremo a ripartire anche su strade inesplorate. C'è sempre l'oggettiva e realissima possibilità che il Signore si faccia sentire e dunque ci domandi di convertirci e rinnovarci. L'atteggiamento del discernimento ci impedisce di intestardirci: non ci si può chiudere nel proprio "avere ragione" perché il centro non sono io, né le mie idee e i miei programmi, ma solo il Signore. E noi cerchiamo insieme la sua volontà e il suo disegno su di noi.

6. Un metodo per il discernimento

La forma che assume ogni discernimento comunitario è elastica. Cresce con l'esperienza e si adatta alle comunità e ai gruppi. Ordinariamente conosce le seguenti tappe che è bene verificare con attenzione:

a) FORMULAZIONE DELLA QUESTIONE. La questione ci interessa? Quali sono i suoi termini esatti? Li abbiamo capiti e li condividiamo? Abbiamo bisogno di una documentazione fornita eventualmente anche da esperti? Qualcuno ha trovato un testo biblico o un brano magisteriale o un esempio nell'esperienza dei santi che ci aiuti già a pregare e ci solleciti ad una iniziale riflessione?

b) RIFLESSIONE E PREGHIERA. Siamo protesi a scoprire le implicazioni del problema che trattiamo con il regno di Dio e ci interroghiamo sulla riflessione che ci è richiesta. Tali operazioni domandano calma, silenzio, preghiera. Non avremo paura di tempi, anche prolungati, che aiutino tali condizioni.

c) LO SCAMBIO. Sarà un mutuo ascolto che non prenderà la forma del dibattito. Ognuno dice le sue "ragioni" e le sue "mozioni", cioè quanto pensa e quanto sente. Va accuratamente evitata la forma della discussione che inevitabilmente lascia ai margini o in silenzio parecchi membri del gruppo.

d) CONFRONTO DELLE OPINIONI ESPRESSE. Le posizioni emerse nello scambio vanno ora riassunte e riformulate in modo chiaro e breve. Su questa base si potrà esprimere il proprio accordo o disaccordo. Non sarà più accordo o disaccordo con una persona, ma su una formulazione.

e) CONFERMA. Chi guida il gruppo formulerà una posizione riassuntiva che cerca di integrare il cammino compiuto. Può essere il momento dell'alzata di mano, del consenso espresso in qualche modo. L'unanimità è una meta, ma non è sempre necessaria. Si può legittimamente concludere con due o più mozioni.

7. Le regole

Ecco un possibile elenco di domande che normalmente aiuteranno un processo di discernimento.

Posto un argomento (ad es: i giovani, i poveri, la famiglia, la concordia), ci chiediamo:

• Quali sono le tenebre, i motivi di preoccupazione, gli aspetti negativi?

• Quali sono le luci, i motivi di speranza, gli aspetti positivi?

• Cosa ci dice la nostra storia?

• Cosa ci dicono i nostri contemporanei?

• Cosa ci annuncia la Parola di Dio?

• Dove è Dio in questa situazione?

• Cosa è richiesto alla mia conversione personale?

• Cosa si domanda alla conversione comunitaria?

• Come comunicare la nostra speranza?

Immaginiamo i vari temi, quelli emersi dalle tante schede del primo anno, e intravediamo già il campo di lavoro del secondo anno.

Attraverseremo le domande ricordando sempre alcune regole.

a) Nessuno possiede già il discernimento! Esso è invece dono dello Spirito che viene dato a chi si mette in atteggiamento di apertura, di accoglienza, di simpatia verso il proprio mondo.

b) Giudicare nello Spirito è giudicare nella fede: niente è più lontano dalla fede quanto l'atteggiamento di dominio che vuole imporre agli altri la propria interpretazione o la propria proposta.

c) Sarebbe pericoloso ‑ e peccaminoso ‑ quel giudizio che si facesse schermo di discorsi di fede per nascondere la propria mancanza di evangelicità. In positivo: saremo sempre sinceri e limpidi.

d) Se non siamo d'accordo sui fini è inutile cercare mezzi. Non dobbiamo temere di perdere tempo per costruire, e ricostruire, nel gruppo l'accordo fondamentale. Normalmente sarà il Regno di Dio e la sua giustizia, dove ci sono la verità, la carità, la libertà, il bene di tutti.

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