Lo chiamano da sempre “il Fioretto” e nessuno lo confonde con
qualche piantina profumata.
La
gente sa che il Fioretto è il tributo che, da tempo immemorabile, si
tributa alla Vergine nelle sere di maggio. Una graziosa leggenda vuole
che San Francesco bambino, una sera di maggio, dopo aver colto un
giaggiolo nell’orto di casa, s’avviasse verso la Chiesa di San
Ruffino cantando: ”Mille fiori a Te, mille fiori a Te, Santa Maria”.
Arrivato sul sagrato s’accorse che tanti altri bambini lo avevano
seguito cantando con un fiore in mano.
Ma
la vera storia del Fioretto è un’altra.
Il
primo ad abbinare il mese di maggio al culto Mariano è il re di
Castiglia e Leon, Alfonso X° verso la metà del 1200. Nelle sue
“Cantigas “ egli stabilisce un rapporto poetico tra le virtù della
Madre di Dio e i 31 giorni di maggio. Alla fine del 1300 le fraglie
degli orefici francesi avevano l’abitudine di portare a Notre- Dame un
“maio” cioè una pianta ornata di pietre preziose e nastrini
multicolori.
Si
arriva così al 1562 quando il monaco benedettino Wolfang Seidl pubblica
a Monaco di Baviera il “maggio spirituale” primo manuale di
riflessioni specifiche per il mese di maggio. Il merito vero però, in
ordine all’arrivo del mese mariano, va a San Filippo Neri che ai suoi
discepoli insegna ad onorare la Madonna con la preghiera, il canto e
l’impegno in atti di virtù e rinunce. Più tardi un altro gesuita,
padre Muzzarelli, si incaricherà di diffondere in tutta l’Italia e
l’Europa la pratica del mese di maggio. Ovunque la preghiera
principale è costituita dalla recita del Rosario, ma anche i canti
fanno da lieto corollario. Nel Veneto molti valenti organisti quali
Casimiri, Gubinelli, Bellemo e altri si sono cimentati in celebri
composizioni che, lodando Maria, perpetuano la profezia :”tutte le
genti mi chiameranno beata.
Giulia
|