ECONOMIA DI COMUNIONE (Edc) |
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La situazione di povertà Edc è un tentativo concreto e di successo per rispondere alla povertà dilagante, soprattutto nel Sud del mondo, dove negli ultimi vent’anni è aumentato in maniera vertiginosa il gap, in termini di ricchezza, con i paesi del nord del mondo, quelli più industrializzati, più ricchi. Negli anni ’60 l’insieme dei paesi più
ricchi era di 30 volte più ricco rispetto ai paesi più poveri, oggi
siamo a 70-80 volte, vale a dire che la forbice si è allargata in modo
non solo imprevisto da chicchessia, ma in modo assolutamente drammatico.
Sono ormai solo nell’America Latina, in una popolazione di 500 milioni
di persone, quasi 250milioni non i poveri, ma i miserabili. Questa è
una categoria che si sta definendo statisticamente nell’ultimo periodo
per indicare quelli che sfuggono addirittura alle capacità statistiche,
quelli che ci sono, ma sono ad un livello tale di disperazione che
nemmeno più compaiono. Altrettanto drammatico è vedere che questo
fenomeno per cui cresce la disuguaglianza non riguarda solo l’assetto
planetario, ma riguarda le metropoli stesse. Non soltanto la ricchezza
in questi ultimi 20-25 anni è aumentata globalmente come mai prima
nella storia dell’umanità e si è concentrata nei paesi ricchi, ma
all’interno dei paesi ricchi questo aumento della ricchezza è stato
assorbito tutto dal 20 per cento circa più ricco della popolazione. Si
è creato un meccanismo, una forma di sviluppo economico, che
strutturalmente, per propria natura procede creando differenze e
disuguaglianze. Fanfani scrivendo della povertà sosteneva che
“…sarebbe fare del farisaismo compatire i poveri, soccorrerli con
l’elemosina, …e non compiere preliminarmente tutti gli sforzi
necessari per rimuovere quelle cause che rendono la miseria pressochè
universale”.(1) EdC è uno sforzo per rimuovere la povertà. Come
è nata? Il
29 maggio del 1991 Chiara Lubich giunta ad Araceli in Brasile prende
coscienza dello stato di indigenza e profonda miseria in cui vivono i
membri del Movimento dei Focolari da lei fondato e più in generale
molta parte della popolazione che vive in quelle zone. Capisce che la comunione dei beni, praticata dai
membri del movimento fino ad allora, è insufficiente per dare una
risposta alle esigenze di cibo, di una casa, di cure sanitarie, di un
lavoro. Intuisce che è necessario un salto di qualità
rispetto all’esperienza vissuta fino ad allora, così sospinta dalla
forza dell’enciclica Centesimus annus , annuncia il passaggio dalla
comunione dei beni all’Economia di comunione “Qui sotto la spinta della comunione dei beni
dovrebbero sorgere delle industrie, delle aziende, affidate soprattutto
alla parte tipicamente laica del movimento. Queste aziende, di vario
tipo, dovrebbero essere sostenute da persone di tutto il Brasile;
dovrebbero nascere società in cui ognuno abbia la possibilità di una
propria partecipazione: partecipazioni anche modeste, ma diffuse. Siamo
poveri ma tanti. La gestione di tali imprese dovrebbe essere affidata a
elementi capaci e competenti, in grado di far funzionare queste aziende
con la massima efficienza ricavandone degli utili. E, qui sta la novità:
questi utili dovrebbero essere messi in comune”.(2) La
situazione odierna
Le aziende aderenti all’EdC danno la loro
disponibilità a mettere una parte degli utili prodotti dalla gestione
in comune, favorendo la
loro ripartizione in tre parti: una parte per gli indigenti puntando a
eliminare il più possibile la povertà tra le persone, una seconda
parte per l’autofinanziamento e quindi allo sviluppo dell’azienda,
infine una terza parte per la formazione di “uomini nuovi” radicati
nella “cultura del dare”.(1) L'economia di mercato, così come oggi si
concretizza nei Paesi industrializzati, punta sull'avere: avere beni,
prodotti, servizi per trovare nel consumo il massimo benessere inteso
come migliore qualità di vita e, attraverso esso, raggiungere la
felicità. L’idea più diffusa è che, nel mondo
dell’economia, l’uomo è mosso dalla ricerca continua del tornaconto
personale e attraverso questo egli faccia anche gli interessi degli
altri e persegua il bene comune. I dati sopra citati e purtroppo non
solo quelli dimostrano l’esatto contrario. L'Economia di Comunione si propone di aiutare l'uomo a
liberarsi dei modelli consumistici correnti
e lo stimola a partecipare mettendo a disposizione di questo
progetto i propri beni materiali, le proprie capacità di lavoro, di
tempo, di fantasia, la propria cultura, per procurarsi qualcosa da dare,
per diffondere una mentalità di comunione attiva. L'Economia di
Comunione si avvale di soggetti produttivi, sia esso imprenditore che
lavoratore, che puntano sul condividere, in altre parole, produrre per
dare, non per accumulare smisuratamente o per consumare
irragionevolmente. Una
mentalità nuova L'altruismo al quale Chiara Lubich invita, va ben
al di là della giustizia, dell'uguaglianza e della solidarietà se la
si intende come obbligazione morale a prendersi cura dell'altro quando
è nel bisogno. La cultura del dare, centro e novità dell'Economia di
Comunione, non è una semplice teoria fatta solo di belle parole, essa
è realmente presente nelle aziende che scelgono di aderire a questo
progetto e diversi sono i momenti nei quali si concretizza: nella scelta
di destinare una parte degli utili a favore degli indigenti, nella
creazione di posti di lavoro; nei comportamenti degli imprenditori che
rinunciano a una parte del loro «potere» nella conduzione dell'impresa
per coinvolgere anche i collaboratori; nei rapporti che i lavoratori
instaurano fra di loro scegliendo la cooperazione invece della lotta per
emergere; nei rapporti con i clienti, fornitori e consumatori incentrati
sulla correttezza e sull’attenzione non solo alla qualità del
prodotto ma anche alla qualità del processo produttivo che lo ha
prodotto (ad esempio posso essere interessato a sapere se il pallone di
cui mi servo per giocare è stato prodotto da bambini sfruttati o no? O
ancora se il cibo servito alla mensa scolastica è fatto con prodotti
geneticamente modificati?). “Un aspetto peculiare dell’Economia di
Comunione è che essa propone uno stile di agire economico improntato
all’apertura verso l’altro ai valori etici, pur agendo in settori
economici principalmente for profit. Così si supera quella visione
radicata nella prassi economica che vede il mercato come il regno del
tornaconto individuale, e il non-profit come quello dell’altruismo e
della solidarietà.”(3) Gli attori di Economia di Comunione dimostrano,
con il loro modo di agire, che la società commerciale si può
sviluppare solo se prima esiste una società civile sulla quale il
mercato può appoggiarsi. “Dove ci sono degli uomini l'azione quasi
sempre non può contenere solo il profitto”.(4) Se i rapporti fra i membri dell'azienda e con gli altri attori economici sono contraddistinti dalla fiducia, dalla correttezza, dal valore del dono i ritorni, in termini di bene individuale e comune, sono notevoli. Occorre credere veramente nella potenza dell'unità di intenti che nasce dal far proprio l'interesse dell'altro. Michele Dal Farra (1) Fanfani A., Colloqui sui poveri, Milano, Vita e Pensiero, 1945, (2) Tratto dal discorso di C. Lubich agli abitanti di Areceli il 29 maggio 1991 (3) Tratto dal sito ufficiale del Movimento dei Focolari, www.focolari.org, nella sezione Economia di Comunione – caratteristiche. (4) Tratto dall'intervento del prof. B. Gui , in occasione dell'attribuzione della laurea honoris causa in Economia e commercio a C.Lubich, U.C.S.C, Piacenza , 29 gennaio 1999. |
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