Mio
figlio va all’università.
La
prima cosa che viene da pensare è che stiamo invecchiando, perché il
tempo in cui Paolo andava all’asilo è già così lontano! Quando mio
marito ed io abbiamo deciso di sposarci, desideravamo avere dei figli da
amare, dei figli con cui crescere e divertirsi, dei figli da aiutare ad
affrontare il mondo non come spettatori passivi, ma partecipi e
consapevoli del loro ruolo nella società.
Abbiamo
cercato di infondere in loro, attraverso il nostro esempio, i sentimenti
di generosità, di lealtà, disponibilità, tolleranza e soprattutto di
educazione sia nel comportamento, sia nel linguaggio, elementi
fondamentali a mio avviso, per vivere sereni e in armonia con gli altri.
Credo
che i figli non siano un possesso dei genitori, ma siano di passaggio.
Ritengo
che occorra dar loro la possibilità di far esperienze e di poter
esprimere appieno le loro aspirazioni, per poi affrontare
responsabilmente la società e il mondo del lavoro; nei genitori
troveranno sostegno morale e soprattutto tanto amore.
Ora
Paolo sta intraprendendo un altro cammino, che lo porterà alla futura
professione.
Tutti
abbiamo gioito con lui quando abbiamo saputo che era entrato nella
facoltà che tanto desiderava: guardandolo ho ringraziato il Signore per
essere stato generoso con noi, donandoci un figlio così. Spero che
tutto quello che gli abbiamo insegnato possa servirgli come guida nel
corso della sua vita.
Certo,
andandosene, in casa si sentirà la sua mancanza. Non risuonerà più la
sua risata e non si avranno più i suoi scherzi, tuttavia il pensiero
che sta facendo ciò che gli piace vincerà quei momenti di tristezza.
Avrà
modo di conoscere tante diverse persone e come madre spero sia in grado
di distinguere i veri amici da quelli che non lo sono.
Di
certo so che Paolo non deluderà i suoi genitori per quanto riguarda
l’atteggiamento verso gli altri. Mi affido al Signore affinché le mie
speranze di madre trovino compimento.
Valeria
Van Riel
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