Parliamone:
ovvero il vortice dell’informazione
Quando
gli anni macinano la giovinezza è l’ora in cui ci si volta indietro e
si incomincia a dire che le cose di un tempo funzionavano meglio. E
così si prolunga l’illusione che tutto quanto ha fatto parte del
nostro passato fosse di qualità superiore, a cominciare da noi stessi,
testimoni e protagonisti di un tempo che la memoria coincidendo con la
giovinezza abbellisce senza verifiche e ripensamenti.
Per
vivere, però, bisogna guardare il mondo con altri occhi, fermo restando
che certi valori restano capisaldi irrinunciabili della nostra morale
religiosa e della nostra etica civile.
E
se un uomo è tale per il suo avvenire, allora è necessario guardare in
avanti ed entrare nella modernità che a volte prende il volto di
un diffuso arbitrio e di pratica impunità.
Guardiamo
il pianeta “comunicazione”.
La
sua velocità frantuma la realtà in un vortice che tutto risucchia in
un battito di ciglia. E’ per questo che la realtà deve essere urlata
e resa appetibile da un forte impatto emotivo per restare nella
memoria almeno fini all’indomani. Così, in base alla legge dei
grandi numeri, tutto sta insieme e si confonde aggredendo la
sensibilità generale.
Bene
ha descritto Sergio Zavoli questa valanga che pur essendo a volte
substrato di cultura, molto più spesso tende a sostituirsi ad essa,
creando una pseudo-conoscenza.
E
così stanno insieme “l’uranio impoverito e l’arricchimento dei
mercanti d’armi; il rimboschimento e l’incendio doloso; i paradisi
naturali e quelli artificiali; la crisi delle vocazioni e la crescita
delle sette; l’adozione a distanza e il razzismo; il genoma e
l’uomo senza identità; l’innocenza negata e l’immunità
garantita; i conflitti armati e quelli di interesse; l’orecchio
bionico e la sordità del cuore; il grande fratello ed i fratelli
sconosciuti del terzo mondo; L’ingresso dei clandestini ed i
passaporti dei calciatori; i seni gonfiati delle dive e quelli svuotati
delle madri dolenti…”
E’
finita la normalità?
Nono
è forse il caso di ripensare al modo di comunicare rispettoso magari
dei valori e dei sentimenti dell’uomo?
E
se tutto si riduce all’audience in qualche caso non sarebbe meglio
spegnere il televisore e dimostrare in tal modo il nostro
dissenso?
Giulia
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