Non
basta conoscere, serve l’amore. Questa una delle conclusioni chiave a
cui i ragazzi di seconda e terza media sono giunti durante il ritiro di
preparazione alla cresima, ritiro tenutosi a S. Marco d’Auronzo il
primo maggio scorso.
In
altri termini, non basta prepararsi “didatticamente” alla cresima,
imparare ciò che “bisognerebbe fare”, come “bisognerebbe
essere”. Da questo punto di vista la cresima può apparire soltanto
come un traguardo, oltre il quale non vale la pena di proseguire. Nel
contempo, la cresima non è una tappa oltre la quale tutto
improvvisamente cambia, senza alcuno sforzo: serve l’impegno, un
impegno costante e convinto, da parte dei ragazzi, come da parte di
tutti noi. E’ un impegno, infatti, che va portato avanti per tutta la
vita, in un continuo processo di maturazione.
Ma
cos’è questo amore di cui si parlava prima? Amore è la disponibilità
a mettersi in gioco totalmente, a rinunciare alle nostre esigenze in
vista di qualcosa di più importante. Amore è non aspettare che siano
sempre gli altri a proporci qualcosa, ma essere noi i primi ad assumerci
una responsabilità e ad essere disposti a donare qualcosa del nostro
tempo e dei nostri talenti. I talenti, sui quali i ragazzi hanno
riflettuto durante una pausa di “meditazione”, il cosiddetto
deserto, e che sono diventati spunto per un impegno che ciascuno di loro
ha assunto dinanzi agli altri, col proposito di portarlo avanti con
costanza e forza d’animo.
La
cresima non è qualcosa di astratto. La cresima è un impegno concreto
di crescita, un impegno che può estendersi a un qualsiasi aspetto della
nostra vita. Lo hanno testimoniato don Claudio, i catechisti Daniela e
Gigi, e noi giovani – Andrea, Isa e io.
E
un primo impegno concreto, ragazzi, è quello di non lasciare che le
circostanze vi disperdano: l’esortazione è a voler realizzare un
gruppo che resista anche quando questo momento di aggregazione sarà
passato. Per non restare soli, dopo tanti buoni propositi.
Francesca
Busetti
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