Un
tempo ho letto la Bibbia da sola e non ne ho tratto profitto, soltanto
dubbi e perplessità sull'operato di Dio che, a volte, mi sembrava
parziale, tutto a favore degli Ebrei, al punto da permettere lo
sterminio dei nemici di Israele, a volte molto severo, intransigente,
geloso. Perché mettere a così dura prova Abramo? Perché sostenere
Giacobbe che aveva ingannato due volte il fratello? Ma leggendo la
Bibbia con un gruppo di persone interessate, in cui ciascuna poteva
esprimere le proprie intuizioni, leggendo e confrontando vari commenti,
guidati da una persona preparata nell'interpretazione del testo sacro,
molti dubbi sono stati chiariti e progressivamente, dai vari episodi,
ecco delinearsi un progetto di salvezza, una trama d'amore che Dio
tesse con pazienza, servendosi anche e, soprattutto, delle debolezze e
degli errori umani. Dio non abbandona le sue creature, le aiuta, le
sostiene, si rivela ad esse perché imparino ad amarlo, perché
acquisiscano la coscienza di essere fratelli, figli dell'unico vero Dio.
Ad una tribù di pastori il Signore dà le sue Leggi, perché nella loro
osservanza la gente impari a convivere con reciproco rispetto ed a
diventare una cosa sola, un solo popolo.
La
Bibbia, scritta qualche migliaio d'anni or sono è di un'attualità
sorprendente: in essa ci siamo tutti noi con le nostre passioni, voglie,
ambizioni, affetti. E' uno specchio che riflette la nostra immagine e ci
obbliga a guardarci dentro, a capirci meglio: anche oggi il fratello
uccide il fratello e nella nostra società vi sono ingiustizie e
sopraffazioni; anche oggi milioni di persone patiscono la sete e la fame
come gli Ebrei nel deserto e molti innocenti vengono maltrattati ed
uccisi. E che dire della condizione di schiave in cui sono tenute le
donne in tante parti del mondo?
Mi
ha commosso la vecchiaia di Giacobbe. Per lunghi anni ha pianto il
figlio, creduto morto, poi ha la grande gioia di ritrovarlo, di
riabbracciarlo. Ma come lo ritrova? Giuseppe è profondamente cambiato,
non sembra più suo figlio: veste e mangia all'egiziana, parla un'altra
lingua, ha sposato una straniera, i suoi figli sono Egiziani, egli
stesso è ben integrato nella società egiziana, è ricco, stimato,
potente. E con grande rammarico Giacobbe comprende che non potrà essere
Giuseppe il suo crede spirituale, ma intuisce anche che tutti i membri
della sua tribù, a contatto con la civiltà egizia, a poco a poco ne
assumeranno usanze, stili di vita e dimenticheranno la loro terra ed il
Dio
di
Abramo. Avranno trovato il pane, ma perso la loro identità.
E
per questo Giacobbe vuole essere sepolto in patria, nella terra di
Abramo e di Isacco perché la sua gente non perda il ricordo delle
proprie radici. Quanti, ancora oggi, lasciano la propria terra per non
morire di fame, nella speranza di un futuro migliore per sé e per i
figli! A prezzo di tanti sacrifici trovano il pane, una casa, un lavoro,
ma devono pur adattarsi alle leggi, alle usanze del Paese che li ospita,
devono abituarsi ad esprimersi in un'altra lingua, a pensare in modo un
po' diverso, sempre con la speranza di ritornare in patria, di ritrovare
parenti ed amici: Ma la speranza muore a poco a poco e cresce il
rammarico di udire i p~ figli parlare la lingua dei posto, rifiutare le
usanze paterne, sposarsi con donne straniere, farsi nuove radici. E
resta solo il desiderio che il proprio corpo ritorni in patria, nella
speranza che qualche discendente porti un fiore sulla tomba dell'avo e
riscopra le proprie origini. Giovanna
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