Il nome LIRA deriva dal latino LIBRA (libbra) che,
inizialmente, i Romani usavano come unità di misura di peso per poi
utilizzarla come unità monetaria. Erano gli anni del fulgore di Roma e
la libra era di bronzo. Più tardi, usando monete meno pesanti quali il
DENARIUS d’argento e l’AUREUS d’oro, si perse definitivamente il
rapporto tra valore dichiarato delle monete e valore effettivo dei
metalli preziosi usati.
Si deve all’imperatore Costantino il riordino del rapporto
che tale rimase fino alla caduta dell’impero. Dopo i secoli bui delle
invasioni barbariche, con la nascita del Sacro Romano Impero, Carlo
Magno volle concretizzare un’unità europea ripristinando l’uso
dell’antica libra o lira ora non più bronzea ma d’argento del
valore di 240 denari.
Per circa mille anni, scomparso dalla circolazione l’oro,
svolgerà la funzione di moneta di conto.
Anche dopo la scoperta dell’America del 1492 e
l’immissione nel mercato europeo di grandi quantità d’oro, che
servirono a coniare nuove monete (ducati-fiorini-baiocchi-talleri…) il
valore monetario di mercato restò sempre agganciato alla lira.
Si giunse così al 1800 quando Napoleone fece un’ulteriore
riforma monetaria stabilendo un rapporto fisso tra oro ed argento e
strutturando l’ordine monetario sul sistema metrico decimale.
Il franco venne allora adottato in tutta Europa e continuò a colare in
molti stati anche dopo la caduta di Napoleone. Fra questi stati c’era
il Regno di Sardegna che chiamò LIRA il franco napoleonico che fu
utilizzato comunemente per conti e pagamenti.
Con l’unificazione dell’Italia la lira piemontese divenne
moneta nazionale. Fu allora che comparve, con eguale dignità, la lira
di carta fino ad assumere dall’iniziale valore di assegno, il valore
di vera e propria moneta “sonante”.
Con la paurosa crisi seguita alla prima guerra mondiale, ci
fu la scomparsa progressiva delle lire d’oro e d’argento e
l’utilizzo esclusivo di banconote. L’impennata fascista adottò
nuovamente, come unico riferimento monetario, l’oro ma le lire auree
restarono nei forzieri dello stato mentre il cittadino continuò ad
usare la moneta “vile” cioè quella di carta.
Iniziarono così a farsi avanti intere dinastie di falsari.
Dalle iniziali lenzuola, le banconote, divenute sempre più
piccole ed agevoli, ci fecero conoscere i volti di scienziati, poeti,
artisti, navigatori del patrio suol nonchè unico, il volto di una
donna, la pedagogista Montessori.
Ora la lira se ne va lasciandosi dietro un po’ di
nostalgia.
Ci ha accompagnato per tanti anni della nostra vita.
Ha visto l’Italia del dopo-guerra povera ma piena di
speranza.
Guardando la cornucopia beneaugurante impressa sulla liretta
del 1951, mi auguro che l’euro navighi tra i flutti senza mai
affondare.
Giulia
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