Sul
bollettino parrocchiale di primavera ci è stato comunicato il programma
di massima delle gite in montagna.
La
prima meta di quest'anno è stata quella del “Passo della
sentinella”.
Di
buon mattino, accompagnati dal parroco don Claudio, come vuole la
tradizione di alcuni anni, ci siano avviati per il Comelico, per la
nostra prima escursione del 2002.
La
giornata era serena e tutto faceva prevedere un bell'inizio dell'estate.
Da
Padola abbiamo raggiunto il rifugio Lunelli poi il rifugio Berti.
La
zona circostante è stupenda, e la montagna ti offre ricchi rigagnoli di
acqua limpida e pura che ti disseta.
Al
Berti facciamo una prima breve tappa. Ci incamminiamo subito per il
laghetto sovrastante il rifugio e già vediamo il passo della
sentinella, la in fondo, verso ovest.
Verso
mezzogiorno il don ci lascia per ritornare in parrocchia per la
celebrazione di un funerale. Ci invita a proseguire, ci incoraggia ...
"siete a pochi passi ... poco più di un'ora di cammino".
Incoraggiati
ci incamminiamo. Il sentiero è tortuoso e faticoso, la meta è la,
sembra vicina.
Attraversiamo
tratti innevati e la giornata volge al brutto tempo; nere nuvole ci
accompagnano.
Flavio
e Ida si arrendono... non ce la fanno ... oltretutto sono "fuori
allenamento" e poi il panino nello zaino lascia un profumino...
Decidono di fermarsi ed incoraggiano gli altri a proseguire;
aspetteranno il loro ritorno.
Non
era passato che un quarto d'ora ed anche gli altri erano di ritorno.
Avevano rinunciato.. tanta era la fatica... Sarà per un'altra volta.
La
seconda gita è stata fatta alla "Furcia rossa”.
Dal
passo “San Pellegrino”. Poco dopo il rifugio “Zingari bassi”. Da
lì abbiamo preso il sentiero che ci ha condotti senza troppa fatica
fino alla “Furcia Rossa”. Non mancava tanto alla meta quando, poco
sopra di noi, abbiamo notato un numero imprecisato di strani "baranci"
come se fossero stati denudati da un fulmine. Con vero stupore, arrivati
alla forcella, ci siamo resi conto che non erano "baranci" ma
molte, vigorose corna di un branco di stambecchi che se ne stavano
accovacciati tranquillamente, sorvegliati a vista dal capo branco che
troneggiava su un grosso masso.
Li
abbiamo studiati contati e contemplati a lungo. Ben coperti perché
tirava vento, abbiamo consumato il nostro pranzo, scambiandoci qualche
"specialità gastronomica”, e dopo qualche titubanza, abbiamo
timorosamente attraversato il branco di stambecchi osservando bene le
coma, il cambio del pelo, la “nursery”, il capo. Constatata poi la
loro benevolenza, abbiamo scattato fotografie.
La
terza gita è stata più impegnativa A Monte Piana per il sentiero
tedesco.
Abbiamo
oltrepassato il lago di Misurina e raggiunto il lago di Landro. Con i
nostri zaini, racchette, bastoni ci siamo inoltrati nel bosco.
Questo monte è stato teatro, durante la guerra del 1915/1918 , di
combattimenti tra italiani ed austriaci. Ora il sentiero che si percorre
è addirittura curato con muretti a secco; ma non doveva essere così
allora: con lo sguardo si incontrano resti di baracche precipitate nei
burroni gallerie, un piccolo cimitero, il luogo dove si appostava il
Comando austriaco.
Durante
il percorso ci si imbatte in qualche piccola ferrata e in un passaggio
che la perizia di don Claudio ci ha fatto attraversare con molta
attenzione sì, ma non con angoscia: personalmente mi sono stupita di
averlo superato, e mi è venuta naturale la stima e la gratitudine verso
la nostra guida e anche verso tutti i miei compagni. In certe situazioni
l'aiutarci reciprocamente e semplicemente è d’obbligo, e credo che da
qui nascano nuovi rapporti umani e cristiani. Arrivati sul monte Piana
abbiamo contemplato la corona di monti che da lassù si può
riconoscere. Lontano dai rifugi dopo aver pregato e pranzato al sacco,
siamo scesi dal sentiero italiano che è molto meno arduo ma più
faticoso.
Io,
e non credo di essere stata la sola, alla fine controllavo a stento le
gambe ed ho attraversato il torrente che sfoga nel lago di Landro con
vero sollievo. Stanchi ma molto soddisfatti.
La
quarta ed ultima gita l'abbiamo fatta al Sass de la Crush
Era
il 14, festa liturgica della “Esaltazione della croce”, vigilia
della festa dell'Addolorata. Ha avuto il sapore di un sereno, gioioso
pellegrinaggio. Passando per Agordo e Caviola, siamo saliti a
Livinallongo del Col di Lana; attraverso il passo di Campolongo siamo
scesi in Val Badia.
Da
Canins, presso La Villa, abbiamo prima attraversato prati verdissimi
molto curati e spaziosi, poi masi dai balconi pieni di fiori
sapientemente accostati fra loro, così da creare accostamenti di colori
sempre diversi e poi man mano è arrivato il bosco con il fascino del
silenzio.
Abbiamo
incrociato alcune signore anziane, in costume tradizionale, che
ritornavano dalla messa celebrata al santuario dove eravamo diretti noi.
Siamo arrivati a destinazione verso le 11.
La
chiesa e il rifugio adiacente si trovano a circa 2000 metri di
altitudine; sullo sfondo ‑che pare vicinissimo, c'è il
Sasso della Croce (alto 2900 mt.) Sono raggiungibili in buona parte in
funivia, che parte da Pedraces. In chiesa c'era ancora qualche persona
che pregava con molto impegno.
Assieme
abbiamo pregato e cantato perché le croci di ognuno di noi e di ogni
parrocchiano siano collegate a quelle del Signore.
A
conclusione abbiamo gustato la tradizionale torta.
Per
una promessa fatta scrivo la ricetta:
TORTA
DI MANDORLE
Pasta:
300 gr. di farina fiore, 100 gr. di zucchero, 100 gr. burro ammorbidito,
1 uovo intero, 1 bustina di lievito, zucchero a velo.
Ripieno:
250 gr. di ricotta, 100 gr. di zucchero, 1 uovo, gr. 50 di mandorle con
pelle, 100 gr. di amaretti.
In
una terrina versare la farina, aggiungere il burro, lo zucchero,
l’uovo, il lievito (passato al colino), e volendo un cucchiaio di
liquore. Impastare il tutto abbastanza grossolanamente; sbriciolare gli
amaretti, le mandorle, e unire in un’altra terrina tutti i rimanenti
ingredienti per il ripieno.
Mescolare
bene fino ad ottenere un impasto omogeneo; imburrare e infarinare una
tortiera, prendere circa metà dell’impasto n. 1 e sbriciolarlo con le
dita comprendo il fondo della tortiera. Versarci sopra il ripieno n. 2
distribuendo uniformemente.
Ricoprire
con l’altra metà del primo impasto sempre sbriciolandolo con le dita;
infornare a 175 gradi per 30-40 minuti. Lasciare raffreddare e
cospargere lo zucchero a velo (con il colino).
Pia
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