Radunati da don Claudio continuiamo il
nostro viaggio nella lettura comune della Bibbia; siamo arrivati al
secondo libro: l’Esodo. Esodo vuol dire uscita (dalla servitù,
dall’oppressione, dalla imposizione di cultura, di religione).
Leggendo il testo risultano evidenti
sovrapposizioni di stili letterari e, approfondendo, si può avere
qualche dubbio sulla cronologia degli avvenimenti. In realtà all’autore
del testo premeva di interpretare il senso religioso degli eventi
(avvenuti circa tredici secoli a C.) ed ha ritenuto di dover includere
antiche memorie così come erano giunte fino a lui.
Il personaggio
E’ noto il ruolo di Mosè in questa storia;
il testo evidenzia il fatto che questo personaggio, pur cresciuto a
stretto contatto con una cultura lontana da quella della sua gente
oppressa per ragioni di potere, sente dentro di sé un fortissimo senso
della solidarietà e della giustizia (difende i deboli dai violenti). I
suoi atteggiamenti lo costringono alla fuga, pena la morte e,
normalmente, nessuno penserebbe di rientrare nella terra in cui è
perseguitato, nemmeno lui, tanto che impone al figlio il nome di
Gherson (sono emigrato in terra straniera).
Non è un eroe (tipo quelli mitologici) che
vincono sempre o quasi: assomiglia ad uno di noi con i propri pregi ed i
propri difetti (ha paura, spera, fatica, si sente solo, inadeguato…).
Ma la Bibbia vuol dirci: Dio si è rivelato a
Mosè e lo ha trasformato gradatamente fornendogli in modo concreto
quello che gli serviva, quello per cui era stato messo al mondo.
Dio rivelandosi, come narra la Bibbia, ci
insegna che la mentalità (cultura) del proprio tempo è così legata alle
incertezze della natura umana che ci impedisce un reale progresso: solo
alla sua scuola si impara a vivere in maniera creativa (la sola
veramente progressista) recuperando la fraternità. Basta pensare a ciò
che è successo negli ultimi due secoli alla luce dei “lumi della ragione
umana” e si comprende che le istituzioni umane possono favorire il
progresso economico, tecnico, artistico, ecc., ma che una crescita umana
reale e duratura ci è fornita solo nell’ambito di una vita di fede,
nella ricerca della volontà di Dio.
Accettare di ascoltare Dio significa
accettare di essere trasportati in una dimensione superiore e significa
di volerlo fare sul serio: solo allora proveremo (come Mosè) lo stupore,
sentiremo il calore di Dio e ci sentiremo illuminati dalla sua luce.
Gli insegnamenti
Gli avvenimenti riportati come castighi
sono, oggi, fenomeni spiegabili scientificamente. I messaggi
fondamentali che l’autore ci trasmette sono: la unicità di Dio, la sua
indiscussa signoria, il suo amore viscerale per il suo popolo che non
abbandona mai, nonostante le apparenze, lasciando a ciascuno la propria
libertà e responsabilità.
Con il capitolo dodicesimo siamo giunti
alla descrizione minuziosa della prima pasqua (=passaggio) in cui Dio ha
istituito un nuovo ordinamento del tempo che parte dal plenilunio di
primavera. Si trova la descrizione del primo passaggio, quello
dell’Angelo sterminatore che evitò le abitazioni segnate col sangue
dell’agnello e permise così al popolo ebreo di attraversare il Mar
Rosso. Da qui nasce il “memoriale” della Pasqua degli ebrei.
In senso biblico “memoriale” non è un
ricordo o una rievocazione, ma una attualizzazione nel presente di un
evento passato con lo sguardo rivolto al futuro.
Mosè e la figura di Gesù.
La sera del Giovedì Santo Gesù e gli
apostoli erano radunati per attualizzare l’evento passato (passaggio
del Mar Rosso), ma Gesù guardava al presente (la notte del tradimento
e il Venerdì Santo), al suo futuro, alla sua gloria (resurrezione) e
alla nostra salvezza. Era l’Agnello.
Nelle nostre messe, con la stessa
incoscienza degli apostoli, noi viviamo insieme il memoriale del
sacrificio di Gesù.
E’ nostro dovere e nostra gioia ringraziare
e magnificare Dio perché Gesù ci conduce pian piano dalle tenebre alla
luce, dalla schiavitù alla libertà, dalla amarezza alla gioia, dal lutto
alla festa.
Il nostro viaggio con Mosè continua
ogni giovedì alle 20,30 in via Rugo (Enaip).
Pia