Confessarsi…. almeno una volta all’anno 

Tempo fa, scorrendo le pagine di un vecchio libro della mia cara nonna, ho scoperto un foglio logorato. Il titolo recitava così: “Norme fondamentali di vita cristiana”: vi erano evidenziati comandamenti, beatitudini, opere di misericordia, vizi capitali, peccati…Ho riflettuto, dapprima, sull’intensità e sulla complessità di quelle semplici frasi che oggi, così superficialmente, reputiamo ovvie e, magari, anche un po’obsolete; poi, l’occhio si è posato su di un precetto (sì, perché esistono anche quelli…): Confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi almeno a Pasqua.

Quel ALMENO continuava a frullarmi in testa senza un motivo ben preciso. Ho cominciato così a pensare a tutte quelle azioni che, nello scorrere della nostra vita, compiamo almeno una volta all’anno: revisione della macchina, screening della salute, grandi pulizie della casa, esami di passaggio, ferie, feste per ricorrenze più o meno significative, rinnovo del guardaroba …. l’elenco potrebbe riempire tutta la pagina.

Lasciamo stare, anche se continuare potrebbe portarci ad enumerare cose talmente effimere da farci aprire gli occhi su quanta, troppa importanza stiamo dando, e sempre con più esibizionismo, a ciò che è solo il contorno della nostra esistenza. Ricordo le parole di un vecchio professore di storia dell’arte: “Un pessimo quadro non potrà mai essere migliorato da una pur splendida e ricca cornice; sarebbe solo un abbaglio”. Così è per noi che, per la famosa “qualità della vita” (intendiamoci, pur sempre importante), mettiamo tra parentesi l’essenziale per occupare tutto il nostro tempo in ciò che è fugace.

A volte basta un niente per rendersene conto, come la preoccupazione per la nostra salute; spesso, ci vuole qualcosa di più forte, come l’impatto con la morte improvvisa, inaspettata di qualcuno che ci era caro. Allora, forse, può tornarci in mente ( ma non per tutti è così…) che, prima o poi, dovremo fare i conti anche con la nostra anima, per incamminarci, a piccoli passi, verso una visione della vita che va oltre la suggestiva ed accecante attrattiva di ciò che non supera i limiti terreni e che è, quindi, destinato a finire.

Quant’è difficile, tuttavia, accettare tutto questo; quant’è impegnativo valutare sinceramente il nostro operare quotidiano rispetto alla prospettiva di un futuro dove ciò a cui teniamo così tanto non avrà più valore. Quanto lontana, poi, l’idea della presenza di un interlocutore in questa nostra ricerca interiore. Altro che spolveratina dell’ultimo momento all’abito della festa!

Siamo sempre più tentati di considerare il peccato un’esperienza che riguarda esclusivamente noi stessi. E’ l’IO il centro del nostro mondo. A ciò si è arrivati escludendo dapprima il sacerdote, in un secondo momento la Chiesa, ed, infine, lo stesso Dio. Con tutta la sua euforia, l’uomo è giunto ad affermare: non ho bisogno di nessuno! Eppure, benché i confessionali siano vuoti, mai come ora, siamo propensi a sgravarci del nostro vissuto rincorrendo psicanalisti, psicologi, maghi… Desiderio di esternare o, piuttosto, di ostentare? Chissà! Certamente non ha niente a che fare con la possibilità di una continua Riconciliazione (e non solo con noi stessi) di cui ci parla il Vangelo.

La Confessione l’ha inventata il Sacerdote dei sacerdoti, Gesù, nel giorno della  sua Resurrezione, quando, rivolgendosi agli apostoli (predecessori dei nostri sacerdoti!), disse: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi…Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati saranno perdonati, a chi non li perdonerete non saranno perdonati”. Se siamo convinti che il Vangelo è La Parola, non possiamo ignorare quello straordinario dono che, dopo il Battesimo, a cui tanti anni fa i nostri genitori ci hanno condotto, continua a darci la possibilità di spianarci la strada verso l’Eterno. Certo, come diceva don Milani, ci vorrebbe un allenamento serale quotidiano: sapersi ancora guardare dentro chiedendosi com’è andata la giornata, sapersi ancora addolorare se ci rendiamo conto di aver sbagliato in qualcosa e sapersi ancora scusare promettendo una condotta migliore… Per questo, credo, ci voglia del tempo, affannati come siamo nella corsa a quel benessere che sembra allontanarsi appena lo sfioriamo (non sarà questo un segno della sua intrinseca vacuità?).

D’altra parte, ripensando a quell’ “ALMENO una volta all’anno”, non credete che la Chiesa sia stata di manica assai larga? Sapremo, dunque, inserire, nella nostra traboccante agenda, uno spazio per compiere quello straordinario riabbraccio?  Il periodo in cui si commemora il supremo atto d’amore di Cristo (dare la vita per ricongiungere, noi, sì proprio noi, a Dio) potrebbe essere quello giusto.

Un giorno, un amico mi confidò che, dopo aver riscoperto questo Sacramento (e gli era costato davvero tanto) le campane pasquali avevano riacquistato la facoltà di farlo sentire, come da tempo non gli accadeva, risorto insieme a Lui, libero dalla maschera che si era creato, autentico dinnanzi a ciò che transitorio non è.

Alla luce di questo, credo che, a poco a poco, quella volta all’anno potrebbe risultarci un po’ stretta. Che ne dite?

Angela 

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