Il
violento temporale notturno dei giorni scorsi ha spazzato via l'inverno
ed ha aperto alla primavera. L'azzurro intenso del cielo s'è fatto
spazio tra le nuvole, l'aria è tersa, brillante, luminosi i prati, le
montagne, le case. Ci si sente leggeri, con tanta voglia di fare
pulizia, nei giardini, negli orti, in casa, in noi stessi.
Nei prati, nei boschi,
sulle colline i fiori primaverili sbocciano, incuranti dell'aria
frizzante, le piante hanno ancora il colore dell'inverno, ma
s'indovinano le gemme turgide, che stanno per aprirsi.
La natura è pronta a
germinare, a rinnovarsi, a dare la vita con generosità.
Respiriamo aria di Pasqua e
vorremmo non pensare che c'è prima la Passione. Ma ce lo ricorda il
settimanale appuntamento con Giobbe e con le sue lamentazioni. Chi è
Giobbe?
Giobbe siamo noi quando
siamo prostrati dalla malattia, colpiti dalla sventura, quando ci
sentiamo soli, incompresi, quando siamo nella disgrazia e gli amici ci
abbandonano. Anche noi siamo disarmati di fronte al dolore e come Giobbe
ne rendiamo conto al Signore. E perché proprio a me? E perché agli
innocenti?
E' il mistero del dolore
che noi vorremmo un po' penetrare. Giobbe, abbandonato da tutti, deriso,
è caricato di colpe che sa di non aver commesso. Ma il male peggiore è
il silenzio di Dio, è il non percepire la Sua presenza. Nessuno ha per
lui pietosa cura e parole di conforto. Non gli resta che la debole
speranza che Dio gli renda giustizia, dopo la morte. Anche Gesù è
vittima espiatoria delle colpe dell'umanità. Anch'Egli si sente solo
nell'orto degli ulivi, mentre implora il Padre di assisterlo nella
terribile prova, sa che non potrà contare sull'aiuto degli amici perché
impauriti, delusi, lo abbandoneranno; ma come dopo l'inverno viene la
primavera così dopo il buio, il dolore della Passione verrà la gioia
luminosa della Resurrezione.
Questo è il nostro credo.
Giovanna C. |