Arcobaleno tra sogno e realtà

“ Guarda la tua mano, accarezzala ed impegnala anche ad amare e servire gratuitamente per un anno il mondo. Se sei d’accordo fotografala o disegnala e spedisci foto o disegno alla Comunità di Villa S. Francesco in Face di Pedavena. … Aldo Bertelle aspetta un milione di mani entro maggio 2006. …

Che mani avrà Bertelle? Da santo? Solo un santo rinuncia a una famiglia sua per far da padre a 30 ragazzi e ragazze delle più diverse età, disabili psichici, figli di alcolizzati, orfani, spediti dal Tribunale dei minorenni a Facen. O da visionario? Solo un visionario apre il museo dei sogni e della memoria e chiede ai capi di stato di tutte le nazioni di mandargli la terra dei loro Paesi (“Ce l’ho quasi fatta, siamo a 189 mi mancano solo Brunei, Fiji, Micronesia, Nauru, Palau, Salomone, Tovalu e Vanuatu”), avendo deciso, con quella terra, di impastare 197 mattoni da restituire ai medesimi governanti affinché non dimentichino mai che il mondo è uno solo e l’umanità intera si salverà o perirà con esso. O da artista? Solo un artista riesce a costringere scultori come Augusto Murer e pittori come Nerone, alias Sergio Terzi, che fu l’autista di Ligabue, a trasformarsi in insegnanti per i suoi irregolari e ad affrescare le stanze, incluse le cucine, della casa che li ospita. O da matto? Solo un matto può parcheggiare davanti all’uscio uno dei carri-bestiame che furono adibiti al trasporto degli ebrei nei campi di sterminio.

Forse ha solo mani da raccoglitore di sassi, Aldo Bertelle, che dopo essersi diplomato geometra voleva fare lo psicologo. Sta scritto “parleranno le pietre”. Lui questo fa, nel suo museo della memoria: lascia parlare la roccia del Calvario; la tegola di una casa di Hiroshima, l’unico frammento che la città giapponese squassata dalla bomba atomica ha voluto regalare a un cittadino straniero (ce n’è un secondo pezzo al Palazzo di Vetro dell’Onu, ma concesso in comodato); uno dei blocchi di porfido che gli ungheresi disseminarono invano nelle strade di Budapest per fermare l’avanzata dei carri armati sovietici nel 1956; un mattone del muro dei Cantieri navali di Danzica che un certo Lech Walesa scavalcò dando vita alla stagione di Solidarnosc; un rudere della stazione di Bologna sventrata dall’attentato; i due sampietrini su cui caddero i bossoli dei proiettili sparati da Ali Agca contro Giovanni Paolo II (“il Governatorato della Città del Vaticano ha mandato si selciatori a prelevarli di notte”); le briciole delle Torri Gemelle di New York raccolte nel cratere di Ground Zero.

… C’è solo un nome che tutti gli studenti conoscono: Nicholas Green. Il bambino di sette anni ucciso dai banditi nel 1994 sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, mentre era in vacanza con i genitori. “Ho chiesto a suo padre Reg di mandarmi un sasso Bodega Bay, in California, dove i Green abitano. Poteva prenderlo davanti a casa. Invece ha voluto recarsi a raccoglierlo nel luogo dove Nicholas andava in bicicletta a giocare. Ecco un papà non pigro, che fa, e che fa subito. Fare domani quello che possiamo fare oggi è tradimento, diceva don Primo Mazzolari. E’ un peccato di omissione che nessuno confessa, io per primo. Il peccato invisibile. Spiego ai giovani: vi serve un padre come Reg. e poi vi serve una maestra che sbaglia, come quella di Ryan. … Chi è Rayan? “Rayan Hreljac. A sette anni è uno scolaro delle elementari di Kemptville, nell’Ontario, quando la sua maestra Nancy Prest gli racconta che bastano 70 dollari per scavare un pozzo in Africa. Torna a casa e comincia a tampinare la madre per avere la somma. Il papà è poliziotto, non navigano nell’oro. “Ti regalerò un dollaro per ogni lavoretto che fai”, promette la mamma. Ryan ci dà dentro: sparecchia, passa l’aspirapolvere, pulisce il bagno. I fratelli lo deridono. Quando ha messo insieme il gruzzolo, scopre che servono 2.000, di dollari, per scavare un pozzo, non 70: la mostra si era sbagliata. Ma Ryan non molla: “Farò altri lavoretti”. La storia si viene a sapere. S’avvia una catena di solidarietà. Ryan fa scavare il suo primo pozzo in Uganda. Altri ne seguiranno. Nasce la fondazione Pozzo di Ryan, che finora ha raccolto quasi un milione di dollari. Al vertice mondiale di Johannesburg su acqua e povertà l’Onu ha chiamato lui, Ryan a parlare ai Grandi della Terra. Oggi ha appena 13 anni. E’ stato qui da noi. Ha visto le acque provenienti da ogni angolo del pianeta che ho raccolto nel museo. Ha fatto discorsi che non ho sentito fare neppure agli statisti e io assicuro che un giorno questo bambino diventerà Primo Ministro del Canada. Ci sono voluti anni e anni di fatica per mettere insieme le pietre esposte al museo. “Le considero trattati di filosofia, manuali di storia e libri di preghiera. Il presidente del Parlamento europeo s’è molto stupito: ‘ci chiedono in continuazione soldi, coppe, targhe, trofei. Siete i primi che si accontentano di un sasso”.

Sono rimasta parecchio colpita da questo articolo apparso sulla rivista MONSIEUR di gennaio- febbraio, di cui ho riporto solo alcuni tratti e mi sono riproposta di andare, entro breve tempo a fare una visita. Quale migliore occasione se non quella proposta di lì a poco da don Luigi a tutta la comunità di Borgo Piave di andare a trascorrere un paio d’ore della domenica pomeriggio presso la sede della cooperativa Arcobaleno a Vellai di Feltre.

Con l’occasione, abbiamo consegnato “le nostre mani” (preparate nelle settimane precedenti dai ragazzi del Catechismo), abbiamo visitato il “museo della memoria” e la “Mostra mondiale tra 1300 presepi di 130 stati” (8° edizione).

Eravamo in molti, abbiamo visto tante cose in poco tempo. Sicuramente il tono provocatorio di Aldo Bertelle ha suscitato varie e diverse reazioni nei nostri cuori… chi era presente le ha portate con sé, chi non c’era, forse almeno una visita la dovrebbe fare.

                                                                                                                          Monica

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