Un passo indietro
Mentre tento di tradurre in
latino per un parroco brasiliano la richiesta di trasferimento del
battesimo del loro figlioletto per due giovani sposi che vivono tra noi
e tornano al paese natale per battezzarlo, penso al disagio dei due
genitori sperando che il sacerdote sia in grado di leggere il latino, se
non mastica un po' d'italiano, e di non complicare con inghippi legali
la faccenda; che sappia regalar una giornata di gioia alla famiglia
riunita.
Una volta ancora percepisco
che le leggi canoniche peraltro utili come norme generali, son paracarri
e non la strada, sono lampioni ma non marciapiedi, sono indicazioni ma
non la via.
Tali norme hanno
accompagnato il cammino della chiesa nei secoli per quanto riguarda le
persone, il culto, le gerarchie, i luoghi ed anche le parrocchie ed i
parroci. Per fare un esempio, nel secolo scorso il codice promulgato da
Benedetto XV vedeva in modo diverso parrocchie e parroci da quello
firmato da Giovanni Paolo II dopo il Concilio, senza parlare delle
ultime applicazioni.
Cenni di storia
Inizialmente la chiesa
adottò le strutture civili dell'impero romano ritenendole adatte alla
diffusione del Vangelo passando dalle case private e dalle catacombe al
centro delle città con edifici che ancor oggi attraggono per l'armonia e
la bellezza ed esercitando il vescovo cittadino il potere sulle
circoscrizioni civili.
Nei secoli VI e VII dopo le
invasioni barbariche e con la diffusione della fede nelle campagne si
edificano chiese e luoghi, per i sacerdoti anche nei dintorni della
città. Tali luoghi, richiesti dai fedeli dipendevano dal Vescovo che su
richiesta e garantendo la sopravvivenza inviava sacerdoti, diaconi e
ministranti:in particolare dopo il Concilio di Orleans del 538 a poco a
poco si concede al clero di godere degli utili del culto. Amministratore
rimaneva il Vescovo aiutato dai sacerdoti interessati che però non
potevano vendere o investire i beni senza autorizzazione. Così si è
proceduto per secoli.
Oggi con le mutazioni delle
città e delle campagne e col fenomeno della secolarizzazione ci si
barcamena con tentativi e scelte nuove annaspando talora nel buio più
fitto e "confidando" nello Spirito Santo. Pare certo, tuttavia, che
nonostante crisi, innovazioni e movimenti d'ogni specie, la parrocchia
intesa come gruppo di persone affidate ad uno o più sacerdoti coadiuvati
dai laici rimanga il centro di aggregazione, di evangelizzazione e di
continuità più attendibile.
È macabro ma fa pensare
Nonostante le apparenze o
le dicerie i preti hanno, talvolta, sprazzi di talento. Pare che uno di
loro, una domenica mattina, al posto degli avvisi soliti abbia fatto
trovare nella bacheca una grande epigrafe a bordi neri; il nome
dell'estinto non era facilmente leggibile perché coperto da una freccia
che indicava l'ingresso della chiesa; al centro della navata ove
conducevano le indicazioni vi era una bara scoperta poggiata su un
cataletto: spinti dalla normale curiosità molti guardavano dentro il
feretro sul fondo del quale c'era uno specchio con poche parole scritte
sotto: La parrocchia è morta, dipende da te farla rivivere.
Alcuni degli ingenui
investigatori sorridevano, altri scuotevano il capo, qualcuno era
pensoso e pochi perfino seccati e spazientiti. Il parroco aveva
indovinato un modo simpatico per far riflettere i parrocchiani. Al di là
dell'apologo ciascuno di noi è invitato a far qualcosa non per la
parrocchia ma per il bene di tutti: c'è un posto per chicchessia.
Una delle più belle
definizioni di parrocchia l'ho colta nel fiume di parole straripato
sulle teste dei cristiani italiani in preparazione al convegno
ecclesiale di Verona: la parrocchia dovrebbe essere una famiglia di
famiglie.
Proviamo a pensare che
bello sarebbe e anche come un po' dipenda da ciascuno di noi.
don Luigi |