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C'era una volta un
borgo popoloso, nato presso il greto di un fiume allora ricco di
acque, a volte turbolenti, che si portavano via i ponti, a più
arcate, che univano la riva sinistra alla città.
Era il porto della
città, cui approdavano le zattere provenienti dal Cadore e dal
quale ne ripartivano alla volta della pianura, alla volta di
Venezia. Borgo Piave viveva in simbiosi con il fiume e da esso
traeva sostentamento. I borghigiani vivevano anche di altre
occupazioni connesse alla lavorazione del legname e c'erano i
mulini, le botteghe artigianali e le osterie dove ci si
ristorava prima di imbarcarsi sulle zattere.
Al Piave affluivano
le donne che lavavano i panni delle proprie famiglie e delle
famiglie agiate della città per un misero compenso. Era un
lavoro duro, specialmente d'inverno, quando bisognava cercare le
sorgenti di acqua fon ancora gelide. La Piave era il
campo-giochi dei bambini che con l'acqua avevano confidenza ed
imparavano a nuotare. Quante esperienze nell'acqua, sul greto,
sulle rive !
Finito il tempo
delle zattere, il Borgo ebbe minore importanza per la città, ma
vi era la conceria, che dava lavoro ad una cinquantina di operai
e c'erano ancora molti bambini che popolavano i "cortivi" e vi
risuonavano i loro passi veloci e le grida affannate. E c'era
l'asilo molto frequentato; e le sere di maggio, quando le suore
scendevano da via Rugo e partecipavano al "fioretto" con un
occhio alla corona del rosario ed un altro ai molti bambini che
stavano loro vicino. Poi, in seguito alla chiusura della
Conceria, al disastro del Vajont ed all'alluvione del '66,,
mancando soprattutto il lavoro, molte famiglie se ne sono
andate, alcune all'estero, molte si sono accasate in altre zone
della città, sostituite,in parte, da famiglie provenienti dal
contado. Lentamente le ferite bisono rimarginate, sono sorte
nuove case, altre sono stie ristrutturate, ma la Conceria in
rovina, rifugio di topi e di gatti randagi, era ancora una
ferita aperta al cuore degli abitanti ed uno spettacolo
deprimente. Gli argini alti e possenti, eretti dopo l'alluvione
del `66 a difesa del Borgo, lo chiudevano e lo chiudono ancora,
isolandolo dallo elemento vitale della Piave.
Ora nuovi edifici
sorgono in luogo della fabbrica. A guardarli mi sembrano Troppo
alti e penso che un piano in meno avrebbe consentito più luce e
più respiro al Borgo. Bisognerà farci l'occhio
Questa mattina,
recandomi alla Messa, ho avuto una piacevole sorpresa: la rete
di protezione, le impalcature, i macchinari che erano serviti
per i lavori di ristrutturazione dell’ex conceria erano spariti
ed ho potuto finalmente ammirare il disegno variegato delle
nuove case e una piazzetta con la fontana, simbolo di vita e
prosperità.
Dall’apertura ed
est veniva una ventata di aria nuova, luminosa, che dava adito
alla speranza di un futuro borgo vivo e popoloso.
Ma il borgo
riacquisterà vita se vi saranno incentivi per abitarci e
prospettive di lavoro per i giovani e per le future famiglie. |