Incontri

 

 

 

  Turchia-Istambul: chiesa di S. Giuseppe:

Ore 5 del mattino:è l’alba ed il muezzin, come ogni giorno,chiama i fedeli alla preghiera. Le 400 moschee della città  rispondono all’unisono a quel richiamo.La metropoli si sveglia invocando Allah.

  Oggi è domenica e penso che dovrò accontentarmi  di dire una preghiera perché trovare una chiesa è quasi impossibile .Esco dall’albergo e sono subito fagocitata dall’assordante traffico. Ma fra tanto rumore si fa strada il suono dolcissimo di una campanella. Seguo quel canto amico che ora si perde, ora si rinfranca. E così arrivo davanti ad un giardino.

Il cancello è spalancato e da un roseto in fiore  fa capolino la statua di Giovanni XXIII. Il buon vecchio Papa  sorride  e benedice. Mi sento a casa. Mentre la campanella continua a suonare, in punta di piedi, varco  la soglia della chiesa di S. Giuseppe. Mi avvolge un silenzio che è quasi una preghiera. La messa è officiata dal nunzio apostolico, presenti la famiglia dell’ambasciatore, un vecchio sagrestano che mi scruta sospettoso ed una donna turca che starà sempre inginocchiata biascicando preghiere.

  La chiesa profuma di gigli e di cera. La sua preziosità è la sua nudità da cui emerge possente il grande Cristo dell’altare. E le sue braccia spalancate abbracciano i presenti e… gli assenti.

Norvegia-Capo Nord:cappella di S. Giovanni

  Arrivare al tetto d’Europa è un’esperienza affascinante. Il paesaggio pian piano sembra  rarefarsi. Le lunghe silenziosissime strade, costeggiano terreni aspri. La tundra accoglie mandrie di renne,volpi artiche e betulle ridotte a miseri cespugli.  Tutt’intorno fra le rocce basaltiche nidificano gabbiani giganti. Lentamente sparisce la presenza dell’uomo.Il silenzio assoluto intimidisce. Terra e cielo sembrano toccarsi.

  Sono fuori dal tempo.Il sole brilla costante per le 24 ore della giornata. E’ luglio , ma fa  freddo. Davanti al Mare Artico che si perde all’infinito c’è un albergo-rifugio. E lì, dopo essermi scaldata con uno di quei caffè lunghissimi, dal colore indefinibile, scopro che una scaletta porta nel ventre della roccia. Scendo e resto abbagliata da un magico splendore.Mi ritrovo nella cappella dedicata a S. Giovanni. L’Apostolo tiene in mano il Vangelo e con un dito indica il cielo.  Alzo lo sguardo. La volta rocciosa è tutta azzurra e da essa pendono migliaia di prismi di cristallo iridescenti che ondeggiano, tintinnano e sembrano cantare. Mi spiegano che è il canto degli Angeli che qui si sentono, perché si è più vicini a Dio. E sembra proprio vero.

 Lituania-Sisuliai: Collina delle croci

  Sisuliai, città proibita nell’era comunista, perché fucina di prodotti bellici. Sisuliai, luogo martire al tempo degli zar. Da qui partirono tanti deportati senza far più ritorno. Per questo i lituani  cominciarono a piantar le prime croci in loro ricordo. E continuarono a farlo quando il regime sovietico fece sparire nel nulla siberiano migliaia di uomini desiderosi di libertà civile e religiosa.

  La lunga strada assolata si snoda nel ventre  di una pianura coltivata a grano . Chissà dov’è la collina? Avanzo adagio, ed all’improvviso,quasi per magia, mi trovo davanti ad una altura artificiale costellata da migliaia e migliaia di croci. Ecco la chiesa martire, la chiesa del silenzio che grida la sua presenza. A nulla sono serviti i 2buldozer2 che spianavano terra e croci. Di notte la fede lituana ricostruiva ciò che l’ateismo imponeva di giorno.

  Percorro strettissimi sentieri. E’ tutto un saliscendi che attraversa una foresta di croci. Certe ottocentesche, sono in ferro battuto; altre più recenti, in legno, in alluminio, in rozza pietra. Tutte recano inciso un nome; tutte hanno appeso un rosario ai bracci della croce.

  La leggera brezza li fa vibrare e da quella chiesa a cielo aperto si leva un canto che sale al cielo  come una nostalgica preghiera.                                                                                 

      Giulia

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