Un paesano celebre partito
al Borgo
E’ venuto a mancare a
Pasqua
Gino Casanova abitante del Borgo. Con l’ampia presentazione fatta
dall’ingegner Alberto De Biasio il 6 dicembre scorso alla
presentazione del bel volume elaborato da don Claudio sulla chiesa da
poco consacrata a Mas-Peron si intende rendere omaggio a questo
concittadino che s’è distinto nella scultura e nell’insegnamento
all’Istituto Beato Angelico di Milano.
Incontro imprevisto con un maestro ed un amico
Nella chiesa di Mas-Peron
il testamento artistico di un grande scultore
“ Nessun altro fine è
stato assegnato all’arte sacra, se non quello di contribuire il più
efficacemente possibile, con le opere, a indirizzare religiosamente le
menti degli uomini a Dio”,
Se alle parole “ arte
sacra sostituissimo "storia umana e professionale di Gino Casanova”
penso che ciò sarebbe sufficiente a descrivere la vicenda terrena di uno
dei più grandi scultori cattolici del secondo novecento.
Può sembrare strano
iniziare questo breve ricordo dell’amico e maestro Gino Casanova,
rascrivendo alcune righe di un documento magisteriale, la “Sacrosanta
Concilium”, che trattano della dignità dell’arte sacra.
Tuttavia se dovessi
sintetizzare l’incontro con quest’uomo di grande carattere e profonda
fede, credo che qualsiasi commento alla sua poetica sarebbe
superficiale, se non ne avessi colto la radice profonda nell’amorevole
obbedienza al magistero della Chiesa. Un’obbedienza virile, non supina,
e quindi piena di ragioni, desiderosa di cogliere il vero che c’è nella
proposta cristiana, attraversando i limiti e le incoerenze di chi la
veicola. Un’obbedienza che ha portato Gino all’ultima opera (altare,
ambone e tabernacolo della chiesa di Mas-Peron) certo al fondo del fatto
cristiano,e perciò sempre disponibile ed aperto ad un dialogo ed alla
correzione,purchè all’interno di una tensione al vero condivisa.
Ricordo in particolare il
bel pomeriggio trascorso nella soffitta-laboratorio all’Anconetta. Anche
insieme all’amico comune Bepi Sommacal,quando guardavamo poco convinti
il disegno dell’ambone, Attraverso uno dei meravigliosi bozzetti a
carboncino, Gino aveva rappresentato Gesù in piedi, mentre insegna ai
dottori.
Prendemmo in mano il
Vangelo per rileggere il brano di Luca (2 41-50) Così ci accorgemmo che
in realtà Gesù, Signore della storia e della vita,stava seduto,
ascoltava e poneva domande. Gino corresse subito il disegno. Così quel
lavorare sui contenuti senza aggiungere nulla, fu occasione per imparare
di nuovo la posizione più vera: quella del bambino che ascolta e pone
domande.
Ricordo ancora che
provocai Gino sullo stesso episodio evangelico, leggendo il brano che
racconta Giuseppe e Maria , preoccupati, cercare Gesù per ben tre
giorni.
“Gino, ti immagini se oggi
succedesse una cosa simile… quei due genitori finirebbero su tutti i
giornali, additati come esempio della crisi della famiglia
contemporanea.”
E Gino, tornando con la
memoria alla sua giovinezza, ricordò come anche a lui capitava di
rimanere più di un giorno presso i vicini, magari per aiutarli nel
lavoro dei campi, senza che la madre si preoccupasse di cercarlo..
Questa fiducia nel prossimo era naturale, perché si viveva dentro un
popolo, cioò nella certezza di rapporti vissuti alla luce del Mistero
presente.
Bastava questa certezza,
era sufficiente questo tessuto umano povero, ma semplice e certo del
senso della vita,perché nascessero artisti come Gino, che non frequentò
accademie, ma costruì la propria poetica in un contesto artigianale 8la
bottega di Berto Fiabane) dove c’era qualcuno da guardare,il maestro, e
la concretezza della materia con cui fare i conti.
Forse questa esperienza
di bottega era la chiave che permetteva a Gino di avvicinarsi
all’esperienza dei grandi,con una capacità critica stupefacente.
Forse questa esperienza
di popolo gli consentì di vivere in sintonia assoluta la scelta dei
temi iconografici, in particolare la cena di Emmaus per il frontale
dell’altare, quello visibile a tutto il popolo.
Lavorare insieme a Gino è
stato condividere implicitamente la domanda dei due discepoli. ”Resta
con noi perché si fa sera” perchè entrambi, nonostante la differenza
anagrafica, sapevamo di aver bisogno della sua presenza ora.
Ma la lezione più grande
che mi diede Gino coincide forse con l’ultimo nostro incontro, in
occasione della consacrazione della chiesa di Mas-Peron, quando,lo vidi
tra la gente, al termine della celebrazione, unico volto triste. A causa
di alcuni malanni, non era riuscito a completare l’opera come avrebbe
voluto.Ci ama il proprio lavoro ed opera per la gloria di Cristo, sa che
riconoscere l’inevitabile imperfezione lascia sempre un dolore,una
ferita. Lo salutai e gli chiesi perché era triste. Mi spiegò. Poi lo
invitai ad alzare lo sguardo verso la gente, contenta. Gloi chiesi di
nuovo e più volte: Ma tu per chi lavori? - finchè lui senza esitare,
quasi stizzito per l’ovvietà della risposta mi disse: ”Per il Signore e
per il suo popolo”.
Spero e prego che Gino,
morto non a caso nel giorno della Risurrezione, possa intercedere per
tutti quelli che lo hanno incontrato e per chi lo incontrerà atraverso
la sua opera, affinché abbiamo a dire con la stessa sua certezza lo
scopo del nostro lavorare, cioè del nostro vivere.
Una coincidenza:
Oltre ad Alberto e Tito che hanno ideato e realizzato la struttura della
chiesa di Mas-Peron ben altri tre artisti di Borgo Piave hanno
contribuito ad abbellirla.il sopra ricordato Gino,
Brunetta Cornaviera
per l’immagine della Madonna del cammino ed
Anna Boranga che ha
dipinto le belle vetrate.
Bravi tutti e
complimenti. |