3
GIUGNO 1963
La
famosa finestra, nota a tutti come quella “della stanza d'angolo del
terzo piano”, ora è muta: prima mandava gioia e ora tristezza, perché
non vi si affaccia più a sorriderci, a pregare con noi, a dirci di
essere lieti. Colui che ci rendeva tali solo mostrandosi perché la
letizia era nei suoi occhi prima ancora che sulle sue labbra: Colui che
chiamavamo, fin qui, “il Tuo servo Papa nostro Giovanni”, mettendo
in quel “nostro” una tenerezza, un affetto che ci faceva sentir
famiglia la Chiesa e quasi Dio più vicino.
Egli
si affacciò per dircelo, l’ultima volta, in una grande e pur malinconica festa cristiana:
l’Ascensione, che se ricorda un trionfo (e quale!) ricorda pur una
partenza e Gesù stesso sentì il bisogno di consolarne i suoi che
restavano; e ce lo disse di essere lieti, dicendo a Lei, la Madre:
“Regina del cielo, rallegrati, alleluja ... “: il Cielo riaperto
dalla morte del Figlio tuo attende anche noi.
Poi
la sua voce tacque: parlò una coerente serenità nel dolore e nella
morte. “Dopo averci insegnato a vivere Egli ci ha insegnato a
morire”, ch'è la lezione più difficile a darsi, la più importante
da imparare.
|
|
21
GIUGNO 1963
La
tristezza per la scomparsa del Papa è stata superata dalla gioia
dell'annuncio che ci è venuto dalla loggia della Basilica:
«Habemus
Papam!».
Pare
impossibile che si possa tornare alla gioia dopo una perdita così
grande. Ed invece ecco il grande entusiasmante mistero: un nuovo Papa ci
viene donato da Dio; ci viene innanzi un nuovo Pastore, una nuova,
Guida.
Noi
lo guardiamo con lo stesso sguardo ammirato, lo ascoltiamo con la stessa
trepidazione, lo consideriamo al di sopra di tutti i viventi, nella Fede
lo riconosciamo Vicario di Cristo.
Egli
è illuminato della stessa Luce che aveva reso fulgidi i volti degli
altri Pontefici.
La
finestra che non luceva, riluce nuovamente.
Da
quella finestra Paolo VI ci apre le braccia con lo stesso animo dei
Predecessori, ci rivolge le stesse parole di vita eterna.
Ben
aveva detto un giorno Giovanni XXIII:
“La
Chiesa non è un museo; è come la vecchia fontana del villaggio che
disseta le varie generazioni... Noi cambiamo, la fontana resta”.
|