25) AIMONE (874-923)
Deve essere stato eletto vescovo abbastanza giovane questo Aimone che resse per quasi cinquant'anni le sorti della diocesi di San Martino. Sembra si possa collocare l'inizio del suo episcopato verso l'anno 874 quando intervenne al concilio di Ravenna.
«Era Valperto Patriarca di Aquileia e nel Belluno era stato assonto all'episcopato Aimone, il quale chiamato da Papa Giovanni andò al concilio di Ravena». (1)
A questo concilio, presieduto da papa Giovanni ottavo (872-882) «vi parteciparono settanta vescovi e tra l'altro furono pacificate le discordie tra Orso doge di Venezia e Pietro Patriarca di Grado». (2) Sembra che Aimone sia sempre stato in buone relazioni con papi, re e imperatori.
L'imperatore Carlo III il Grosso «confermò ancora ad Aimone vescovo di Belluno tutte le possessioni e ragioni, che li passati re e principi così Longobardi come Francesi ed altri particolari haveano donato alla Chiesa Bellunese. Fu tal privilegio dato il di 13 di Febraro l'anno 882, alla presentia di Luitgardo vescovo, e scritto per mano di Ermanno di Valdo notaio in vece di Lituardo vescovo di Vercelli e suo Archicancelliero». (3)
Il Conte e marchese Berengario, che era al seguito di Carlo il Grosso, ebbe modo di conoscere ed apprezzare il vescovo Aimone: lo ebbe in alta stima e grande amicizia: e divenuto a sua volta re d'Italia e poi imperatore, egli pure largheggiò in privilegi e concessioni con il vescovo della chiesa bellunese.
«L'anno 896 mese di Gennaro il re Berengario venne con gran compagnia alla città di Cèneda dove si fermò molti giorni dando alli sudditi suoi pubblica udienza e facendo ivi molte provisioni a beneficio del regno... Andato poi il re Berengario a Pavia, fu Aimone vescovo di Belluno a ritrovarlo, il quale essendo graditissimo ad esso Re impetrò alli 19 (?) del mese di Novembre, che fosse alla Chiesa di Belluno donato alcuni fondi nel territorio di Cèneda in un loco chiamato (il Fondo di Ligone) quali beni erano della Camera Regia, con tutte le terre, selve, pascoli, saletti, rive, paludi, monti, piani, e molendini pertinenti a detto luoco. Della qual donatione fece publico instrumento e privilegio sottoscritto de mano propria del detto Re e col suo sigillo sigillato l'anno undicesimo del suo regno» .(4)
Con altro «Diploma» stilato nella città di Verona l'anno 923, Berengario, re e imperatore, anche per le suppliche di Anna regina sua concorte, concede al vescovo Aimone e alla chiesa bellunese di San Martino, una «Corte» di diritto regio chiamata «Docale» con la cappella costruita in onore del Salvatore appartenente alla medesima «corte» e situata nel contado di Cèneda, con tutte le cose e massarizie e villaggi, come pure con le decime di Cadore e di Agordo spettanti alla medesima cappella, ed anche «Le Chiuse di Venzone» situate nella Marca del Friuli, e due massarizie situate nella «Sculdascia» di Belluno poste sotto il Cansiglio; come pure due «deganie» che si trovano nella valle Lapacinense, i confini delle quali sono: il primo confine che si chiama «Pietra Incisa», il secondo dal monte che si chiama «Crux ferrea», il terzo dal monte che si chiama Montecavallo e di là vengono a confinare al lago «Lapisino» (ora di Santa Croce) e al Piave, con tutti i territori e castelli esistenti entro questi confini, fatta eccezione di quello che il re aveva già donato in antecedenza al presbitero Rathpodo (o Recipodio); con la espressa volontà che tutto questo passasse nel diritto e possesso del vescovo e della sua chiesa, in modo da poterne usare liberamente, senza opposizione di alcuno e sotto pena, per i contravventori, di duecento libre di ottimo oro da pagarsi per una metà alla Camera regia e per l'altra ad Aimone e ai suoi successori. (5)
Fece costruire dalle fondamenta una canonica nuova, collocandovi sacerdoti e leviti secondo l'ordinamento canonico, (6) nella speranza di aver così contribuito, con l'aiuto del Signore, ad una loro vita ordinata e serena.
Con l'appoggio di Berengario, quando era ancora Marchese, recuperò per la Canonica (7) una piccola proprietà che i suoi predecessori «per incuria o per negligenza» avevano perduto; e ne ottenne «precetto» dall'imperatore Carlo III il Grosso. (8)
Ritenendo poi che la quarta parte delle decime, riservata ai presbiteri e chierici dalle vigenti consuetudini canoniche, fosse insufficiente al loro sostentamento, con gesto magnanimo il vescovo Aimone «donò tutte le decime dell'Oltrardo ai sacerdoti che fossero vissuti, seguendo una regola, nella predetta Canonica, affinché con cuore libero potessero pregare per i loro benefattori e per tutto il popolo cristiano». (9)
Non si conosce l'anno della morte di questo vescovo. Sembrerebbe essere avvenuta nell'anno 923.
Sembrerebbe infatti che fosse già morto al tempo della stesura del «Diploma» di Berengario imperatore; ma il suo decesso doveva essere avvenuto da poco perché l'estensore, dopo qualche espressione che sembra alludere alla sua morte, verso la fine parla di lui come fosse presente. (10)
I) Piloni op. cit., pag. 109.
2) Enciclopedia Ecclesiastica - Tasso, vol 6, pag. 463.
3) Piloni, op. cit., pag. 110.
4) II «Diploma», nella trascrizione di mons. G. De Donà, porta la data 10.11.898.
5) Cfr. «Diploma di Berengario Imperatore» nella seconda parte di questo libro.
6) Cfr. «Pergamena del vescovo Aimone» riportata nella seconda parte di questo libro. In essa, forse, vi si potrebbe ravvisare un influsso del Concilio Turonico III: «Canonici e chierici delle città, che vivono negli espiscòpi, abitino insieme nei chiostri...». Si parla dei chierici secolari, perché di quelli viventi canonicamente nei monasteri si occupa il canone 24». Cfr. «Summa conciliorum ecc...» pag. 180.
7) Sembrerebbe quindi che una «Canonica» fosse esistita anche prima.
8) La frase della pergamena del vescovo Aimone «... qui hoc Praeceptum in hac episcopali domo propria firmavit manu» potrebbe essere tradotta in due maniere:
"... il quale di propria mano confermò questo "precetto,, in questa casa episcopale». Tenendo per valida questa traduzione, si potrebbe dedurre che Carlo III fu a Belluno, e avrebbe fatto scrivere il suo "precetto,, nella casa del vescovo.
«... il quale di propria mano confermò questo "precetto,, in favore di questa casa di istituzione vescovile». Questa traduzione sembrerebbe più confacente allo spirito della concessione: e in tal caso il «precetto» potrebbe anche non essere stato scritto in Belluno.
9) Cfr. Pergamena del Vescovo Aimone.
10) Cfr. «Diploma» di Berengario imperatore, nella seconda parte di questo libro.