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Il Borgo di San Nicolò della Piave

(dal racconto di Domenico Falce)

     

Nasce la borghesia, proprio perché nel Borgo trova sbocco il lavoro artigianale e in modesta misura industriale, stante la possibilità di sfruttare le risorse naturali, come i mulini, le fucine, il legname, le concerie e l'acqua della Piave per poter commerciare con la pianura Veneta. Non poteva il Falce, con la sua sensibilità, dimenticare la «roia», che da Fisterre, attraverso canali e ponticelli, scorrendo ai piedi dei «piai» e dopo essere passata sotto la conceria, si univa alla Piave. Il nostro Borgo, in questa minuziosa e precisa immagine, sembra rivivere nella perfetta armonia dei suoi elementi caratteristici.Osservando, all'estrema destra, via dei Mulini, sembra ancora di udire, sulle pale dei mulini, lo schiaffo dell'acqua che, trasportata dalla sua stessa forza, esce da sotto le ruote gonfiandosi, sale in alto, si polverizza e prende colore.  

Parrebbe anche di ascoltare il forte respiro delle «veneziane» ed il ritmico movimento delle loro lame, i cui denti rodono inesorabilmente le «taie» stese sui carrelli in lento movimento, lanciando nell'aria l'odorosa segatura. Su tutto sovrasta per timbro, il corno in «la» degli zattieri  pronti per la partenza: si vedono le zattere lentamente prendere la corrente; il tutto è composto in una affinità spontanea protesa verso la Piave, dove si vede e si sente che il Borgo trae la sua ragione di vita. Alcuni esempi di traffico delle merci è riportato in vari registri e cronache e ad essi vanno aggiunti i trasporti che sfuggivano ai controlli del dazio incorrendo pertanto nel contrabbando. Chi importava o esportava merci soggette a dazio non doveva passare il confine ideale, indicato dalla sega di certo Niccolò da Castion, appena sopra Lambioi, passato il quale, senza aver pagato il dazio le zattere incorrevano nel contrabbando incappando nelle sanzioni: sequestro dei legname, delle merci, dei carri, dei cavalli e dei bovi. Come pure i carrettieri perderebbero i loro avéri e, gli zattieri 50 ducati con bando, prigione e galera. « Nel 1561, abbiamo notizia che transitavano per la Piave: 320.000 tronchi, 54.000 carghe di carbone di legna, 40.000 taglie squadrate, 100 miara di ferro crudo e 1270 miara di ferro lavorato ».   Altra cronaca della fine del 1700 riporta che ogni anno venivano trasportati su zattera, lungo la Piave, 10.050 quintali viennesi di mole, tanto pregiate che da Venezia venivano spedite fino a Costantinopoli, 51.300 quintali di pietra di Castellavazzo, molte migliaia di quintali di pietra di Cugnan e di altre pietraie. 419.500 libbre grosse di burro, 1.089.800 di formaggio, 554.000 di ricotta. Un così grande passaggio di merci rappresentava per la città pure una grande entrata sotto forma di dazi e gabelle. Nel libro 1° delle Provvigioni del Maggior Consiglio di Belluno vengono stabiliti i dazi e le modalità di pagamento per ogni zattera che transitava sulla Piave, tale consuetudine durò fino alla prima dell'800. Per dare un'idea dell'importo dei dazi, basti pensare che nel 1514, vengono pagate a Galeso Nichesola, 60° vescovo di Belluno (1509 -1527), tramite il suo fattore presso Borgo Piave, lire venete 1.220,17 per legni e zattere transitati in quell'anno.   A conclusione, una domanda ci viene spontanea: il Falce, in quel lontano 1690, pensava di dipingere per i suoi contemporanei, oppure tramandare agli uomini del futuro un'immagine-documento di tutte le «componenti» che formavano la comunità di allora?

     
       

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