Nasce
la borghesia, proprio perché nel Borgo trova sbocco il lavoro artigianale e in
modesta misura industriale, stante la possibilità di sfruttare le risorse
naturali, come i mulini, le fucine, il legname, le concerie e l'acqua della
Piave per poter commerciare con la pianura Veneta.
Non
poteva il Falce, con la sua sensibilità, dimenticare la «roia», che da
Fisterre, attraverso canali e ponticelli, scorrendo ai piedi dei «piai» e dopo
essere passata sotto la conceria, si univa alla Piave.
Il
nostro Borgo, in questa minuziosa e precisa immagine, sembra rivivere nella
perfetta armonia dei suoi elementi caratteristici.Osservando,
all'estrema destra, via dei Mulini, sembra ancora di udire, sulle pale dei
mulini, lo schiaffo dell'acqua che, trasportata dalla sua stessa forza,
esce da sotto le ruote gonfiandosi, sale in alto, si polverizza e prende
colore.
Parrebbe anche di ascoltare il forte respiro delle «veneziane» ed il
ritmico movimento delle loro lame, i cui denti rodono inesorabilmente le
«taie» stese sui carrelli in lento movimento, lanciando nell'aria
l'odorosa segatura. Su tutto sovrasta per timbro, il corno in «la» degli
zattieri pronti per la partenza: si vedono le zattere lentamente
prendere la corrente; il tutto è composto in una affinità spontanea
protesa verso la Piave, dove si vede e si sente che il Borgo trae la sua
ragione di vita.
Alcuni esempi di traffico delle merci è riportato in vari registri e
cronache e ad essi vanno aggiunti i trasporti che sfuggivano ai controlli
del dazio incorrendo pertanto nel contrabbando.
Chi importava o esportava merci soggette a dazio non doveva passare il
confine ideale, indicato dalla sega di certo Niccolò da Castion, appena
sopra Lambioi, passato il quale, senza aver pagato il dazio le zattere
incorrevano nel contrabbando incappando nelle sanzioni: sequestro dei
legname, delle merci, dei carri, dei cavalli e dei bovi.
Come pure i carrettieri perderebbero i loro avéri e, gli zattieri 50
ducati con bando, prigione e galera. « Nel 1561, abbiamo notizia che
transitavano per la Piave: 320.000 tronchi, 54.000 carghe di carbone di
legna, 40.000 taglie squadrate, 100 miara di ferro crudo e 1270 miara di
ferro lavorato ».
Altra cronaca della fine del 1700 riporta che ogni anno venivano
trasportati su zattera, lungo la Piave, 10.050 quintali viennesi di mole,
tanto pregiate che da Venezia venivano spedite fino a Costantinopoli,
51.300 quintali di pietra di Castellavazzo, molte migliaia di quintali di
pietra di Cugnan e di altre pietraie. 419.500 libbre grosse di burro,
1.089.800 di formaggio, 554.000 di ricotta.
Un così grande passaggio di merci rappresentava per la città pure una
grande entrata sotto forma di dazi e gabelle. Nel libro 1° delle
Provvigioni del Maggior Consiglio di Belluno vengono stabiliti i dazi e le
modalità di pagamento per ogni zattera che transitava sulla Piave, tale
consuetudine durò fino alla prima dell'800.
Per dare un'idea dell'importo dei dazi, basti pensare che nel 1514,
vengono pagate a Galeso Nichesola, 60° vescovo di Belluno (1509 -1527),
tramite il suo fattore presso Borgo Piave, lire venete 1.220,17 per legni
e zattere transitati in quell'anno.
A conclusione, una domanda ci viene spontanea: il Falce, in quel
lontano 1690, pensava di dipingere per i suoi contemporanei, oppure
tramandare agli uomini del futuro un'immagine-documento di tutte le «componenti»
che formavano la comunità di allora?
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