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La
lunetta di recente rinvenuta nelle soffitte della chiesa, debitamente
restaurata, è ora esposta nella sacrestia. Fa
parte di una pala (quella che un tempo adornava l'altare maggiore?) che
all'atto del rinvenimento si rivelò talmente irrecuperabile da poterne
salvare - attraverso un attento intervento conservativo - solo
l'area superiore.
Le
figure sono costruite con tocchi larghi e ariosi che conferiscono ampiezza di
respiro e felicità compositiva al dipinto. La
tavolozza è informata da tonalità schiarite e calde. gli impasti cromatici,
per quanto ora si può dire, paiono di «origine colta».
Sebbene
il lavoro manifesti alcune consonanze con certa pittura di Agostino Ridolfi,
lo scrivente, visto l'imperfetto stato di leggibilità della tela,
considerando che l'opera è mutila e la non eccessiva chiarezza delle fonti
documentaristiche (si veda la Visita Rota precedentemente riportata) non si
azzarda di proporre un nome: solo se eventualmente in futuro dovessero
emergere dati più certi, si riserva di compiere uno studio più approfondito.
vergine
con bambino
Le
figure dei due martiri immediatamente riconoscibili dagli attributi che portano
- atroci strumenti dei loro martirio sono «impaginate» secondo un
criterio frontale. L'elemento compositivo che li unisce è l'antico stemma della
città di Belluno, come peraltro appare anche da un sigillo di «Cividal» con
il palazzo dei vescovi-conti, cimelio oggi custodito nel Museo Civico. Sia
dal punto di vista tipologico che esecutivo, il dipinto rimanda inequivocabilmente a quello con s. Antonio. Il
carattere dei lavoro è prettamente devozionale con debolissimi intendimenti
pittorici.
santi
Andrea e Bartolomeo
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