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2 luglio 2004 

   

Il saluto di monsignor Andrich al termine dell'ordinazione episcopale.

Chiamato a continuare l’opera dei predecessori

«Quanti ricordi e quante testimonianze porto nel cuore per lasciarmi istruire e formare come vescovo!»

Da questa cattedra episcopale vi abbraccio nel Signore. Vi ringrazio. È stata una celebrazione che ho vissuto con commozione, anche per la vostra grande partecipazione, per la sintonia profonda di spirito che ho percepito e che mi incoraggia. Oggi in modo particolare mi sento parte del popolo di Dio, ma non solo qui, anche nelle chiese più piccole della diocesi possiamo avere la percezione del mistero della libertà che ci viene donata.

GRAZIE

Ringrazio le autorità: le rappresentanze ufficiali dei comuni di Belluno, di Feltre, di Canale, della Provincia, sua eccellenza il Prefetto e tutte le autorità civili e militari. Esprimo riconoscenza all’ufficio diocesano stampa e agli organi di comunicazione, in particolare alle emittenti televisive. A Sua Eminenza il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, il “grazie” mio e di tutta la Chiesa di Belluno-Feltre: è la quarta volta in meno di un anno che è tra noi, oggi per la mia ordinazione, attorniato dall’Episcopato Triveneto. Esprimo subito l’affetto riconoscente verso il Primate e i molti vescovi presenti e lo faccio davanti ai tanti fedeli presenti o collegati in diretta con Telebelluno, Telechiara e Telepace. La collegialità episcopale dà un respiro senza confini alla vita di carità della nostra Diocesi, a incominciare dall’effettiva collaborazione con le Chiese del territorio della Regione Veneta e delle altre due Regioni civili che fanno capo alla stessa Conferenza Episcopale. Con l’inserimento nel collegio episcopale, che ha carattere di universalità, un nuovo vescovo assume per sé e per la sua Chiesa la dimensione missionaria: con affetto voglio quindi inviare un saluto ai sacerdoti “fidei donum”, alle religiose, ai religiosi e ai laici dei paesi di missione, sentendomi in particolare comunione con i vescovi di quelle diocesi lontane. Ringrazio l’Arcivescovo monsignor Paolo Romeo, Nunzio Apostolico in Italia, conconsacrante. Egli è, sul territorio della Nazione italiana, il rappresentante del Romano Pontefice, principio e fondamento dell’unità della Chiesa e del Collegio dei Vescovi. Esprimo a Lui la mia e la nostra volontà ferma di obbedienza e di fedeltà al Santo Padre ripetendo le parole tante volte sentite da Albino Luciani: “Non stacchiamoci dalla roccia!”.

GRAZIE AI PREDECESSORI

Rivolgendo la parola riconoscente all’Arcivescovo conconsacrante monsignor Pietro Brollo e al Vescovo monsignor Maffeo Ducoli che è qui tra noi, esprimo la gratitudine della nostra Chiesa a tutti i miei predecessori. Ricordo in particolare monsignor Gioacchino Muccin che trentanove anni fa, il 28 giugno, mi ha ordinato prete in questa cattedrale. Sento con forte emozione la presenza di monsignor Vincenzo Savio che dalla liturgia del cielo partecipa e cammina insieme con noi. Ringrazio i familiari e tanti suoi amici che oggi sono qui e che abbracciano, nell’amicizia verso monsignor Savio, anche la nostra Chiesa che egli ha amato, spendendosi per essa fino all’ultimo respiro. Sono chiamato a continuare l’opera degli immediati predecessori con la fortuna di averne conosciuto la generosa dedizione. Quanti ricordi e quante testimonianze porto nel cuore per lasciarmi istruire e formare come vescovo! Vorrei vivere lo spirito ecumenico di mons. Savio, specialmente quello di saper accostare e accogliere ogni persona, qualsiasi realtà umana. In particolare continuerò il Sinodo deciso dal vescovo Pietro e guidato con entusiasmo per tre anni dal vescovo Vincenzo. Esso dovrà compiersi sui percorsi già impostati attingendo dai lavori dell’anno del “vedere” e dell’anno del “discernere”, ma dovrà valorizzare quanto abbiamo vissuto con la feconda missione per il Giubileo e con l’impostazione di una nuova pastorale nelle parrocchie e nelle foranie.

GRAZIE AI SACERDOTI

Ci sono qui molti sacerdoti della Diocesi. A tutto il presbiterio del quale divento padre, ai canonici della cattedrale dopo 27 anni di appartenenza a questo Capitolo (e ringrazio di cuore il Decano monsignor Ausilio Da Rif anche per le parole pronunciate all’inizio della celebrazione), al Capitolo della Concattedrale di Feltre, ai sacerdoti del Seminario Gregoriano, ai miei insegnanti ed educatori che ho avuto a Feltre e a Belluno (ricordo con affetto il decano dei docenti monsignor Nilo Tiezza), ai sacerdoti più anziani che mi hanno trasmesso splendide testimonianze di fedeltà, ai compagni di studi, ai preti ordinati negli ultimi 22 anni da me accompagnati come rettore del Seminario: a tutti dico la riconoscenza e la fiducia di poter essere padre continuando a scambiarci sentimenti di fraternità e di amicizia. Sarete miei collaboratori e tutti insieme saremo al servizio del vero Pastore delle nostre anime per la crescita del corpo di Cristo che è la Chiesa. Lo Spirito ci dia entusiasmo e gioia per formare cristiani che sentano la vita come vocazione. Constatiamo il forte calo della qualità vocazionale dell’esistenza cristiana che sta all’origine dei molti problemi nell’orientamento dei giovani, nella vita matrimoniale e nella scarsa risposta alla vocazione sacerdotale e alla vita consacrata. Che il nostro presbiterio, albero ancora rigoglioso, sia fecondo di vocazioni sacerdotali che assicurano, nel futuro, guide e pastori al servizio della Chiesa e dell’umanità.

UN SALUTO PER I PARROCCHIANI

Voglio salutare le molte persone che provengono dalle parrocchie che mi hanno conosciuto di più. La mia parrocchia di Canale d’Agordo dove sono nato e cresciuto con il parroco monsignor Augusto Bramezza, ora guidata da don Sirio Da Corte: nell’antica Pieve di Canale oggi abbiamo due Servi di Dio: Papa Luciani e Padre Felice Cappello. Questo è un fatto che colpisce, ma la mia è una delle tipiche nostre parrocchie dove è fiorita una santità umile e nascosta, dove le Suore Figlie di S. Giuseppe del Caburlotto hanno insegnato a noi bambini la preghiera che il Vescovo Giosuè Cattarossi diffondeva: “O Gesù, fammi buono, fammi santo e dammi il paradiso”, dove si insisteva sulla chiamata alla santità come ci insegna il Papa nella Tertio millennio ineunte. Questo richiamo alle Suore della mia infanzia mi porta a riconoscere quanto dobbiamo alle comunità di vita consacrata: esse adempiono un’esemplare presenza e missione carismatica prima di tutto per far risplendere la santità della Chiesa. Ringrazio tutte le persone consacrate, riservando un posto speciale alle Suore Certosine di Vedana dedite alla vita contemplativa. Ho fatto il cappellano nella parrocchia di Castion con il parroco don Giuseppe Pierobon e per cinque anni sono stato parroco di questa parrocchia della cattedrale, oggi guidata da monsignor Rinaldo Sommacal. Pensando ai parroci, sento quanto è essenziale il loro servizio. Papa Luciani, il 3 settembre 1978, ha detto nell’udienza ai bellunesi: “Se non ci sono i parroci che aiutano i vescovi, non salta fuori niente”. Attraverso la parrocchia, la diocesi esprime la propria dimensione locale.

GRAZIE HA CHI HA OPERATO CON ME

Molti anni del mio servizio sacerdotale li ho vissuti in Azione Cattolica come assistente diocesano; a contatto con giovani nella pastorale giovanile, conoscendo la realtà dei nuovi movimenti ecclesiali; nelle esperienze del Movimento Studenti e del Movimento Lavoratori d’Azione Cattolica animando gruppi nelle scuole e nelle fabbriche; nelle attività estive e invernali della Villa Gregoriana di S. Marco d’Auronzo; nelle ascensioni sulle nostre Dolomiti con moltissimi ragazzi e giovani; nella scuola bellunese, soprattutto nell’Istituto Tecnico “Girolamo Segato”; nell’Istituto di Scienze Religiose e nella Scuola di Formazione Teologica. So della presenza qui o in collegamento televisivo di molte persone che mi hanno conosciuto in questi ambiti diocesani: insieme a tutti ringrazio il Signore per aver avuto, nella tradizione della nostra Chiesa, l’opportunità di crescere e di aiutarci. Abbiamo insieme sperimentato quanto sono importanti gli itinerari formativi, l’attenzione ai poveri, l’incidenza degli ambienti della scuola e del lavoro soprattutto sui giovani, il rispetto della persona umana con particolare riguardo a chi è disabile; abbiamo contemplato sulle nostre montagne bellezze straordinarie imparando non solo la salvaguardia del creato, ma i modi per tonificare il nostro spirito e per aiutarci nel cammino insieme; ci siamo convinti di quanto sia decisivo attrezzarsi spiritualmente e culturalmente per avere la vera vita, averla in abbondanza, per noi e per gli altri.

GRAZIE AI FAMILIARI

Voglio esprimere anche l’affetto a mia mamma, ai miei familiari e parenti qui presenti o collegati con noi. Ricordo con riconoscenza mio padre morto 24 anni fa: quando io, primogenito di cinque figli, ero appena nato, lui era alpino, in guerra sul fronte francese, poi in Grecia e in Albania; ha affrontato tanti disagi e ci ha cresciuto, insieme alla sua sposa, in un clima di amore tenero ed esigente. E i miei genitori, diventati nonni, hanno riversato il loro affetto con slancio nuovo sui molti nipoti. Pensando alla grande tradizione delle nostre famiglie, ringrazio tutti coloro che collaborano nella pastorale familiare, in questo tempo che fa sperimentare alle famiglie tante insidie, ma anche molte possibilità. E parlando ai miei familiari e alle famiglie che mi ascoltano, voglio dire quanto è importante avvolgere di affetto i bambini! Anche quando la situazione della famiglia diventasse difficile, chi li ama deve mostrare una tenerezza che li faccia crescere sereni. Assieme ai familiari, ci sono persone che si dedicano ai piccoli in molte forme anche all’interno delle comunità cristiane e con l’iniziazione cristiana e la catechesi le parrocchie sono chiamate a svolgere un’opera straordinaria per il futuro delle nuove generazioni.

FAR CRESCERE CRISTO

Mi riferisco infine all’esperienza che ha segnato profondamente la mia vita: la vicinanza al Vescovo Vincenzo durante la malattia, fino alla morte. Mentre calava la sua vitalità fisica, cresceva e si manifestava straordinaria la sua fede nel Redentore e la convinzione di dover mettere tutte le sue energie al servizio del grande annuncio che Gesù è l’unico Salvatore. Così ha avuto la gioia di rivedere la tavola del Redentore, opera del Beato Angelico, e di saperlo contemplato, qui in città, da migliaia di persone. Nei continui incontri che avevo con lui, sentivo sempre di più che la sua missione era quella di Giovanni Battista. Mi tornavano le parole del grande precursore di Cristo: “Ora la mia gioia è compiuta. Lui deve crescere, io diminuire” (Gv 2,29b30). Ecco perché ho voluto queste parole come motto per il difficile servizio che ora definisce tutta la mia vita: “Cristo deve crescere”. La pienezza della vita di ogni persona non dipende unicamente dalle sue risorse, ma si sviluppa dall’incontro e dalla libera risposta a Cristo, centro dell’universo e della storia, cuore che pulsa di amore indispensabile per ogni persona. Lui deve crescere. Se la Chiesa è fedele a questo compito di far crescere Cristo, rende a tutti il servizio più specifico, non surrogabile da altri. È un servizio che ha anche un forte valore sociale. Certamente l’impegno della Chiesa e dei cristiani, anche a livelli socioeconomici e politici, ci deve essere per attuare esigenze evangeliche che costituiscono grandi valori di civiltà: la difesa della vita, la promozione di ogni persona, la giustizia, la pace, il bene comune... E conosco la ricchezza delle nostre esperienze ecclesiali, di volontariato e di realtà civiche che perseguono questi obiettivi. Ma noi cristiani sentiamo un bisogno essenziale per la nostra vita e per la vita di ogni persona: far crescere Cristo. La sua vita, donata e ridonata nel perdono, porta la pace nel cuore, ci fa capaci di dare perdono agli altri con una misericordia che supera le nostre povere forze. Dalla pace fondamentale, che è nel cuore di ciascuno, fioriscono riconciliazione e pace attorno a noi.

AFFIDAMENTO ALLA MADONNA

Affido me e tutto il popolo della Chiesa di BellunoFeltre alla materna intercessione di Maria, Madre di Dio e della Chiesa, che ho già invocato dopo la mia nomina nel Santuario di Travagola e in quello di S. Maria delle Grazie e che invocherò a breve nel Santuario dell’Immacolata sul Nevegal, nel Santuario di Nostra Signora del Cadore e in quello della Difesa di Cortina d’Ampezzo. Imploro l’intercessione dei nostri Santi Patroni, san Martino vescovo e i santi martiri Vittore e Corona perché Cristo cresca in noi, ci dia la pace del cuore per diffonderla e vederne i prodigiosi frutti. Quindi per la prima volta mi rivolgo a ciascuno di voi, anche alle molte persone che sono in collegamento televisivo, soprattutto agli infermi, agli anziani, a tutte le persone che soffrono, per proclamare con affetto il saluto liturgico proprio del vescovo: la pace sia con voi!

        ... il suo ingresso a Feltre