Il saluto di monsignor
Andrich al termine dell'ordinazione episcopale.
Chiamato a continuare
l’opera dei predecessori
«Quanti ricordi e
quante testimonianze porto nel cuore per lasciarmi istruire
e formare come vescovo!»
Da questa
cattedra episcopale vi abbraccio nel Signore. Vi ringrazio.
È stata una celebrazione che ho vissuto con commozione,
anche per la vostra grande partecipazione, per la sintonia
profonda di spirito che ho percepito e che mi incoraggia.
Oggi in modo particolare mi sento parte del popolo di Dio,
ma non solo qui, anche nelle chiese più piccole della
diocesi possiamo avere la percezione del mistero della
libertà che ci viene donata.
GRAZIE
Ringrazio le
autorità: le rappresentanze ufficiali dei comuni di
Belluno, di Feltre, di Canale, della Provincia, sua
eccellenza il Prefetto e tutte le autorità civili e
militari. Esprimo riconoscenza all’ufficio diocesano
stampa e agli organi di comunicazione, in particolare
alle emittenti televisive. A Sua Eminenza il cardinale
Angelo Scola, Patriarca di Venezia, il “grazie” mio e di
tutta la Chiesa di Belluno-Feltre: è la quarta volta in
meno di un anno che è tra noi, oggi per la mia
ordinazione, attorniato dall’Episcopato Triveneto.
Esprimo subito l’affetto riconoscente verso il Primate e
i molti vescovi presenti e lo faccio davanti ai tanti
fedeli presenti o collegati in diretta con Telebelluno,
Telechiara e Telepace. La collegialità episcopale dà un
respiro senza confini alla vita di carità della nostra
Diocesi, a incominciare dall’effettiva collaborazione
con le Chiese del territorio della Regione Veneta e
delle altre due Regioni civili che fanno capo alla
stessa Conferenza Episcopale. Con l’inserimento nel
collegio episcopale, che ha carattere di universalità,
un nuovo vescovo assume per sé e per la sua Chiesa la
dimensione missionaria: con affetto voglio quindi
inviare un saluto ai sacerdoti “fidei donum”, alle
religiose, ai religiosi e ai laici dei paesi di
missione, sentendomi in particolare comunione con i
vescovi di quelle diocesi lontane. Ringrazio
l’Arcivescovo monsignor Paolo Romeo, Nunzio Apostolico
in Italia, conconsacrante. Egli è, sul territorio della
Nazione italiana, il rappresentante del Romano
Pontefice, principio e fondamento dell’unità della
Chiesa e del Collegio dei Vescovi. Esprimo a Lui la mia
e la nostra volontà ferma di obbedienza e di fedeltà al
Santo Padre ripetendo le parole tante volte sentite da
Albino Luciani: “Non stacchiamoci dalla roccia!”.
GRAZIE AI
PREDECESSORI
Rivolgendo la parola riconoscente all’Arcivescovo
conconsacrante monsignor Pietro Brollo e al Vescovo
monsignor Maffeo Ducoli che è qui tra noi, esprimo
la gratitudine della nostra Chiesa a tutti i miei
predecessori. Ricordo in particolare monsignor
Gioacchino Muccin che trentanove anni fa, il 28
giugno, mi ha ordinato prete in questa cattedrale.
Sento con forte emozione la presenza di monsignor
Vincenzo Savio che dalla liturgia del cielo
partecipa e cammina insieme con noi. Ringrazio i
familiari e tanti suoi amici che oggi sono qui e che
abbracciano, nell’amicizia verso monsignor Savio,
anche la nostra Chiesa che egli ha amato,
spendendosi per essa fino all’ultimo respiro. Sono
chiamato a continuare l’opera degli immediati
predecessori con la fortuna di averne conosciuto la
generosa dedizione. Quanti ricordi e quante
testimonianze porto nel cuore per lasciarmi istruire
e formare come vescovo! Vorrei vivere lo spirito
ecumenico di mons. Savio, specialmente quello di
saper accostare e accogliere ogni persona, qualsiasi
realtà umana. In particolare continuerò il Sinodo
deciso dal vescovo Pietro e guidato con entusiasmo
per tre anni dal vescovo Vincenzo. Esso dovrà
compiersi sui percorsi già impostati attingendo dai
lavori dell’anno del “vedere” e dell’anno del
“discernere”, ma dovrà valorizzare quanto abbiamo
vissuto con la feconda missione per il Giubileo e
con l’impostazione di una nuova pastorale nelle
parrocchie e nelle foranie.
GRAZIE AI
SACERDOTI
Ci
sono qui molti sacerdoti della Diocesi. A tutto
il presbiterio del quale divento padre, ai
canonici della cattedrale dopo 27 anni di
appartenenza a questo Capitolo (e ringrazio di
cuore il Decano monsignor Ausilio Da Rif anche
per le parole pronunciate all’inizio della
celebrazione), al Capitolo della Concattedrale
di Feltre, ai sacerdoti del Seminario
Gregoriano, ai miei insegnanti ed educatori che
ho avuto a Feltre e a Belluno (ricordo con
affetto il decano dei docenti monsignor Nilo
Tiezza), ai sacerdoti più anziani che mi hanno
trasmesso splendide testimonianze di fedeltà, ai
compagni di studi, ai preti ordinati negli
ultimi 22 anni da me accompagnati come rettore
del Seminario: a tutti dico la riconoscenza e la
fiducia di poter essere padre continuando a
scambiarci sentimenti di fraternità e di
amicizia. Sarete miei collaboratori e tutti
insieme saremo al servizio del vero Pastore
delle nostre anime per la crescita del corpo di
Cristo che è la Chiesa. Lo Spirito ci dia
entusiasmo e gioia per formare cristiani che
sentano la vita come vocazione. Constatiamo il
forte calo della qualità vocazionale
dell’esistenza cristiana che sta all’origine dei
molti problemi nell’orientamento dei giovani,
nella vita matrimoniale e nella scarsa risposta
alla vocazione sacerdotale e alla vita
consacrata. Che il nostro presbiterio, albero
ancora rigoglioso, sia fecondo di vocazioni
sacerdotali che assicurano, nel futuro, guide e
pastori al servizio della Chiesa e dell’umanità.
UN
SALUTO PER I PARROCCHIANI
Voglio salutare le molte persone che
provengono dalle parrocchie che mi hanno
conosciuto di più. La mia parrocchia di
Canale d’Agordo dove sono nato e cresciuto
con il parroco monsignor Augusto Bramezza,
ora guidata da don Sirio Da Corte:
nell’antica Pieve di Canale oggi abbiamo due
Servi di Dio: Papa Luciani e Padre Felice
Cappello. Questo è un fatto che colpisce, ma
la mia è una delle tipiche nostre parrocchie
dove è fiorita una santità umile e nascosta,
dove le Suore Figlie di S. Giuseppe del
Caburlotto hanno insegnato a noi bambini la
preghiera che il Vescovo Giosuè Cattarossi
diffondeva: “O Gesù, fammi buono, fammi
santo e dammi il paradiso”, dove si
insisteva sulla chiamata alla santità come
ci insegna il Papa nella Tertio millennio
ineunte. Questo richiamo alle Suore della
mia infanzia mi porta a riconoscere quanto
dobbiamo alle comunità di vita consacrata:
esse adempiono un’esemplare presenza e
missione carismatica prima di tutto per far
risplendere la santità della Chiesa.
Ringrazio tutte le persone consacrate,
riservando un posto speciale alle Suore
Certosine di Vedana dedite alla vita
contemplativa. Ho fatto il cappellano nella
parrocchia di Castion con il parroco don
Giuseppe Pierobon e per cinque anni sono
stato parroco di questa parrocchia della
cattedrale, oggi guidata da monsignor
Rinaldo Sommacal. Pensando ai parroci, sento
quanto è essenziale il loro servizio. Papa
Luciani, il 3 settembre 1978, ha detto
nell’udienza ai bellunesi: “Se non ci sono i
parroci che aiutano i vescovi, non salta
fuori niente”. Attraverso la parrocchia, la
diocesi esprime la propria dimensione
locale.
GRAZIE HA CHI HA OPERATO CON ME
Molti anni del mio servizio sacerdotale
li ho vissuti in Azione Cattolica come
assistente diocesano; a contatto con
giovani nella pastorale giovanile,
conoscendo la realtà dei nuovi movimenti
ecclesiali; nelle esperienze del
Movimento Studenti e del Movimento
Lavoratori d’Azione Cattolica animando
gruppi nelle scuole e nelle fabbriche;
nelle attività estive e invernali della
Villa Gregoriana di S. Marco d’Auronzo;
nelle ascensioni sulle nostre Dolomiti
con moltissimi ragazzi e giovani; nella
scuola bellunese, soprattutto
nell’Istituto Tecnico “Girolamo Segato”;
nell’Istituto di Scienze Religiose e
nella Scuola di Formazione Teologica. So
della presenza qui o in collegamento
televisivo di molte persone che mi hanno
conosciuto in questi ambiti diocesani:
insieme a tutti ringrazio il Signore per
aver avuto, nella tradizione della
nostra Chiesa, l’opportunità di crescere
e di aiutarci. Abbiamo insieme
sperimentato quanto sono importanti gli
itinerari formativi, l’attenzione ai
poveri, l’incidenza degli ambienti della
scuola e del lavoro soprattutto sui
giovani, il rispetto della persona umana
con particolare riguardo a chi è
disabile; abbiamo contemplato sulle
nostre montagne bellezze straordinarie
imparando non solo la salvaguardia del
creato, ma i modi per tonificare il
nostro spirito e per aiutarci nel
cammino insieme; ci siamo convinti di
quanto sia decisivo attrezzarsi
spiritualmente e culturalmente per avere
la vera vita, averla in abbondanza, per
noi e per gli altri.
GRAZIE AI FAMILIARI
Voglio esprimere anche l’affetto a
mia mamma, ai miei familiari e
parenti qui presenti o collegati con
noi. Ricordo con riconoscenza mio
padre morto 24 anni fa: quando io,
primogenito di cinque figli, ero
appena nato, lui era alpino, in
guerra sul fronte francese, poi in
Grecia e in Albania; ha affrontato
tanti disagi e ci ha cresciuto,
insieme alla sua sposa, in un clima
di amore tenero ed esigente. E i
miei genitori, diventati nonni,
hanno riversato il loro affetto con
slancio nuovo sui molti nipoti.
Pensando alla grande tradizione
delle nostre famiglie, ringrazio
tutti coloro che collaborano nella
pastorale familiare, in questo tempo
che fa sperimentare alle famiglie
tante insidie, ma anche molte
possibilità. E parlando ai miei
familiari e alle famiglie che mi
ascoltano, voglio dire quanto è
importante avvolgere di affetto i
bambini! Anche quando la situazione
della famiglia diventasse difficile,
chi li ama deve mostrare una
tenerezza che li faccia crescere
sereni. Assieme ai familiari, ci
sono persone che si dedicano ai
piccoli in molte forme anche
all’interno delle comunità cristiane
e con l’iniziazione cristiana e la
catechesi le parrocchie sono
chiamate a svolgere un’opera
straordinaria per il futuro delle
nuove generazioni.
FAR CRESCERE CRISTO
Mi riferisco infine
all’esperienza che ha segnato
profondamente la mia vita: la
vicinanza al Vescovo Vincenzo
durante la malattia, fino alla
morte. Mentre calava la sua
vitalità fisica, cresceva e si
manifestava straordinaria la sua
fede nel Redentore e la
convinzione di dover mettere
tutte le sue energie al servizio
del grande annuncio che Gesù è
l’unico Salvatore. Così ha avuto
la gioia di rivedere la tavola
del Redentore, opera del Beato
Angelico, e di saperlo
contemplato, qui in città, da
migliaia di persone. Nei
continui incontri che avevo con
lui, sentivo sempre di più che
la sua missione era quella di
Giovanni Battista. Mi tornavano
le parole del grande precursore
di Cristo: “Ora la mia gioia è
compiuta. Lui deve crescere, io
diminuire” (Gv 2,29b30). Ecco
perché ho voluto queste parole
come motto per il difficile
servizio che ora definisce tutta
la mia vita: “Cristo deve
crescere”. La pienezza della
vita di ogni persona non dipende
unicamente dalle sue risorse, ma
si sviluppa dall’incontro e
dalla libera risposta a Cristo,
centro dell’universo e della
storia, cuore che pulsa di amore
indispensabile per ogni persona.
Lui deve crescere. Se la Chiesa
è fedele a questo compito di far
crescere Cristo, rende a tutti
il servizio più specifico, non
surrogabile da altri. È un
servizio che ha anche un forte
valore sociale. Certamente
l’impegno della Chiesa e dei
cristiani, anche a livelli
socioeconomici e politici, ci
deve essere per attuare esigenze
evangeliche che costituiscono
grandi valori di civiltà: la
difesa della vita, la promozione
di ogni persona, la giustizia,
la pace, il bene comune... E
conosco la ricchezza delle
nostre esperienze ecclesiali, di
volontariato e di realtà civiche
che perseguono questi obiettivi.
Ma noi cristiani sentiamo un
bisogno essenziale per la nostra
vita e per la vita di ogni
persona: far crescere Cristo. La
sua vita, donata e ridonata nel
perdono, porta la pace nel
cuore, ci fa capaci di dare
perdono agli altri con una
misericordia che supera le
nostre povere forze. Dalla pace
fondamentale, che è nel cuore di
ciascuno, fioriscono
riconciliazione e pace attorno a
noi.
AFFIDAMENTO ALLA MADONNA
Affido me e tutto il popolo
della Chiesa di
BellunoFeltre alla materna
intercessione di Maria,
Madre di Dio e della Chiesa,
che ho già invocato dopo la
mia nomina nel Santuario di
Travagola e in quello di S.
Maria delle Grazie e che
invocherò a breve nel
Santuario dell’Immacolata
sul Nevegal, nel Santuario
di Nostra Signora del Cadore
e in quello della Difesa di
Cortina d’Ampezzo. Imploro
l’intercessione dei nostri
Santi Patroni, san Martino
vescovo e i santi martiri
Vittore e Corona perché
Cristo cresca in noi, ci dia
la pace del cuore per
diffonderla e vederne i
prodigiosi frutti. Quindi
per la prima volta mi
rivolgo a ciascuno di voi,
anche alle molte persone che
sono in collegamento
televisivo, soprattutto agli
infermi, agli anziani, a
tutte le persone che
soffrono, per proclamare con
affetto il saluto liturgico
proprio del vescovo: la pace
sia con voi!
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