IL PIAVE

BOLLETTINO PARROCCHIALE DI S. NICOLO'

(n. 5 dicembre 1963)

VITA PARROCCHIALE

   interno della Chiesa

 Quel 9 ottobre, che non dimenticheremo facilmente, stavo stilando un breve resoconto del secondo anno di vita della nostra Parrocchia. Aveva un tono semiserio e divertito quello scritto: vi enumeravo tante belle iniziative riuscite ed anche le immancabili tristezze d'ogni parroco di questo mondo. Quella lettera non vi perverrà più, perché devo scrivervi di altre cose. Voi però ne avete intuito il contenuto, e sono certo che ne terrete conto. Ed eccoci al fatto. Mentre scrivo, oltre duemila morti mi guardano. Lo so, il loro sacrificio è la cosa più tremenda di questa tragedia. Le nostre sofferenze, i danni subiti, non hanno senso se paragonati alla loro morte ed al dolore dei loro superstiti.  E noi ci inchiniamo silenziosi e riverenti alla loro immolazione, pregando pace alle loro anime ed il conforto della Fede a chi è rimasto a piangerli. “Non abbiamo fiato abbastanza per ringraziare il Signore!“, hanno esclamato parecchi, quando si sono visti salvi. Il ringraziamento che il Signore maggiormente gradisce è di usar bene della vita.

 Mercoledì 9 ottobre appena dopo le ore 23.

   Il Vajont ha tracimato da circa un quarto d'ora. Qui la popolazione in parte riposa tranquilla. Alcuni stanno alla televisione. E' mancata la luce. Come mai, se fuori il cielo è sereno? Arrivano affannati i pompieri a dare la notizia. Bisogna fuggire. Dei volenterosi corrono ad avvertire dove possono. Suono le campane, ma pochi le sentono. Tolgo dal tabernacolo il Santissimo e lo porto nella cappella dell'Asilo. Immediatamente organizziamo il salvataggio dei vecchi e degli ammalati. Si sfonda anche qualche finestra, temendo che qualcuno non abbia sentito l'allarme. I borghigiani, mezzo svestiti, si portano verso Belluno, sul torniquet. Arriva la prima acqua, limacciosa e rabbiosa. In poca tempo il livello dei Piave cresce a dismisura. Le onde violentissime trasportano massi, legnami come fuscelli. Le segherie vengono sommerse, tutto il legname spazzato via. Le case e la strada di via dei Molini vengono tutte invase. L'onda arriva davanti alla chiesa, volta verso il “pontet”, ma trova la strada chiusa. Allora scava rabbiosamente e preme sulla porta della chiesa. Finalmente la sfonda ed entra con un boato, travolgendo ogni cosa. Fa girare a mulinello i banchi e li scaraventa sull'altar maggiore. Abbatte la porta della sacrestia (più bassa della chiesa), solleva il bancone dei paramenti del peso di circa venti quintali fino a sfondare il soffitto, quindi lo capovolge vuotandolo di ogni cosa e mescolando tutto nella sua onda limacciosa. Continuando la sua corsa allaga la sala macchine dell'impianto di riscaldamento che attendeva l'inaugurazione, e nel risucchio asporta il materiale che sostiene il coro della chiesa. Il coro si incrina, le strutture murarie restano fessurate.       

 

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