Pregare diversamente

 TURCHIA: Istambul  -  La Preghiera

Intronizzazione di Cristo - mosaico bizantino (clicca) Ore 17: tutto intorno caos. Rumori, odori, sapori ti accolgono, invitano, stordiscono. Il muezzin chiama alla preghiera; i clacson strombazzano incessanti, i commercianti,dall’uscio delle botteghe, ti chiamano con insistenza; gli  ambulanti ti perseguitano lungo le vie.

L’occhio frastornato ingoia cattedrali bizantine, palazzi ottomani, reperti dell’antica Roma a ritmo vertiginoso e la memoria sembra non essere più in grado di recepire così tanti stimoli.

Ti fermi su di un marciapiede spartitraffico e non sai più cosa fare. Ed ecco arrivarti alle spalle un uomo con un tappeto arrotolato sotto braccio. Ti irrigidisci, perché già pensi che vorrà fartelo comprare…. E invece no. Con cura srotola la “preghiera” mi sorride e poi si inginocchia volgendosi alla Mecca. Sbalordita lo osservo. Il rumore assordante del traffico convulso sembra non appartenergli. Il suo sguardo è lontano mentre le sue labbra continuano a ripetere parole per me incomprensibili. Poi si rialza, arrotola il suo piccolo tappeto e mi saluta portando la mano al cuore, alla bocca, alla fronte. Mormoro un timido buongiorno, ma l’uomo si sta già perdendo tra la folla. Ed io, quasi di rimando, mi metto a recitare sottovoce un’Ave Maria.

 

TOSCANA: S. Casciano  -  Il canto

Risalire le dolci colline del Chianti vuol dire immergersi in un mare verde punteggiato a tratti da borghi antichi, simili ad isolette, che affiorano in una vastità che si perde all’orizzonte. Così, vagando, arrivo a S. Casciano dove passi senza meta mi conducono ad un antico monastero. Varco la soglia di una chiesa romanica, bellissima nella sua essenzialità architettonica. Frescura, profumo di gigli e cera, silenzio assoluto mi accarezzano. Mentre percorro l’austera navata sento scendere in me tanta pace. Mi fermo davanti all’altare e sto gustando l’armonia delle forme quando si leva un canto armonioso. Mi accorgo allora che l’abside è percorsa da una lunga grata invalicabile. Ascolto quel coro femminile che esalta il mio Signore. Conosco anch’io quel canto e con la voce della mente mi unisco al coro delle sconosciute. Più tardi scoprirò che il monastero è abitato dalle clarisse di S. Chiara. Le incontrerò scoprendo che tre di loro sono bellunesi purosangue. Da quel giorno sono passati tanti anni, ma S. Casciano mi è rimasto nel cuore e quel canto che mi ha unito a quelle “sorelle”, continua, perché il contatto non si è più spezzato. Le seguo da lontano e loro mi raccontano la loro giornata terrena. Io prego per loro e loro per me e così, serenamente, invecchiamo insieme.

 

Il Tempio di Abu Simbel (clicca)EGITTO: Luxor  -  l’Affresco

L’antica Tebe, carica di storia, ti accoglie come una aristocratica signora che si concede allo sguardo dei suoi ammiratori. E i turisti lo capiscono e rimangono meravigliosamente schiacciati dalla grandiosità di obelischi, statue, colonnati: faraonici in tutti i sensi. La guida sapientemente snocciola secoli su secoli di storia e di gloria di una civiltà che oggi vive di ciò che fu, ma che continua a stupirci per le sue conoscenze astronomiche, architettoniche, mediche. Così passo vicino all’obelisco di Seti il grande, di Ramesse che tanto mi ricorda Mosè, al lago sacro dove i sacerdoti venivano a purificarsi prima di adorare Ra, il sole, capo di tutti gli dei. E a proposito, il sole batte impietoso sulla spianata e tu cerchi l’ombra ristoratrice delle millenarie colonne. E’ così che l’occhio, vagando tra cartigli e bassorilievi, si ferma stupito su di un piccolo, timido e scolorito affresco di chiara matrice cristiana. Si intravvede forse un angelo che parla con una donna. Che sia l’Annunciazione? Il dipinto spicca nella sua presenza effimera e la maestosità della colonna scanalata di color ocra sembra esser stata creata proprio per far da cornice a quella piccola luce di cristianità che nessuno ha osato cancellare. Ed io, fissando il dipinto, sento di non essere più turista, ma pellegrina.

 

POLONIA: Auschwitz  -  Lo sguardo

ritratto di Padre Kolbe (clicca)“Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore ….”. Quando varchi la soglia di Auschwitz ti senti un nulla che cammina tra fantasmi resi vivi e presenti dalle cose che hanno lasciato prima di essere “passati per il camino”. Percorri corridoi con ambo i lati immense vetrine che ti immergono dolorosamente nella quotidianità del lager. Avanzi e vorresti non vedere montagne di valigie, di occhiali, di bastoni e stampelle, di capelli di donna. Il cicerone, spietatamente, racconta storie di orrori e il visitatore inizia a camminare in punta di piedi, in crescente silenzio e con lo stomaco che pian piano si chiude. E quando credi d’aver visto l’inimmaginabile ecco che scendi nelle viscere di un tetro caseggiato: blocco n° 5. Il corridoio è un cunicolo semibuio, umido e ben presto hai fame d’aria. Passi davanti a piccoli incavi destinati a prigione inumana e finalmente giungi in una piccola cella illuminata da tanti ceri votivi: qui è morto per fame, sete e mancanza d’aria Massimiliano Kolbe. Il suo volto illuminato dalle candele è trasfigurato ed i suoi occhi ti trafiggono con uno sguardo di bontà. Gente di ogni credo passa davanti a quella cella e fissando la sbiadita fotografia del martire intessono un muto colloquio con il Santo. Tutti a loro modo pregano, perché chiunque si sente disarmato davanti alla bontà eroica. Così quella cella diventa altare che risplende di vivida luce ed è strano che in questo luogo la tristezza si stemperi in dolce malinconia nella consapevolezza che qui la vita ha vinto la morte.

                                                                                                                                             Giulia

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