Qui, nel
verde giardino che circonda il monumento, vediamo le prime croci di
pietra. Ne vedremo a centinaia nel nostro viaggio. In ogni chiesa,ma
dappertutto,nei luoghi più impensati: piccole,
grandi,semplici,decorate,fiorite, agganciate una all’altra o
splendidamente solitarie,alcune con l’immagine di Gesù. Queste lastre di
pietra scolpita ,porte del Paradiso, alberi della vita, sono i
crocefissi dell’Armenia, sono il simbolo di questo popolo religiosissimo
che ritiene la sua fede un tutt’uno con il corpo,come fosse la seconda
pelle.
Sono
anche segno della forza, della resistenza, della voglia di sopravvivere
alle avversità infinite della vita.
Anche le
chiese armene sono di pietra, di pietra rossa o scura,squadrata e
semplice, quasi grotte di preghiera. Si assomigliano nella semplicità
delle linee architettoniche nella essenzialità degli interni.
Fa
eccezione la grande cattedrale di Etchmiatzin, sede del Katholikos,Primate
della chiesa , vero gioiello dell’arte, ricca di rilievi, di
ceselli,all’interno e all’esterno e anche di pitture e di oggetti
preziosi. E’ la culla della cristianità armena, il luogo dove”
l’Unigenito discese”dice il termine, per indicare a S. Gregorio
l’Illuminatore, il luogo dove sarebbe sorta la sua chiesa.
Noi
celebriamo la s. Messa al Monastero di Saghmosavak,convento dei salmi,
in un’atmosfera tutta particolare. Una finestra sopra l’alto altare
lascia filtrare la luce e illumina e ingentilisce l’interno severo e
quasi buio. Ammutoliti ed attenti ascoltiamo il “confesso” secondo il
rito armeno, una vera e propria confessione comunitaria che lascia
intravedere,dopo la caduta, un rinnovamento della vita, una nuova
creazione e fa assaporare la gioia indicibile del perdono.
Le chiese
sono le mete principali del nostro viaggio. Tra queste, quella di Ambert,
lassù vicino alla fortezza Pallavuni ,tra le rocce nere di ossidiana, e
il monastero di Noravank con le sue chiese costruite sulla roccia rossa
,situata in un panorama stupendo. Bellissimo il bassorilievo della
facciata esterna che rappresenta la lacrima di Dio che cade sulla terra
e la feconda, la trasforma, mandando Maria con in grembo il Salvatore.
Una delle
chiese è costruita su due piani,unica del genere, e si accede al piano
superiore attraverso gradini alti, stretti e corti infissi nel
muro,senza appigli. I più coraggiosi provano l’ebbrezza della salita e
ancor più quello della discesa.
Indimenticabile il monastero Khor Virap, con il pozzo dove fu rinchiuso
S. Gregorio l’Illuminatore, colui che convertì il re Tiridate e con lui
tutta la nazione ,nel 300 d.C. E’ il Santo che gli Armeni ritengono il
più grande, il fondatore della loro identità religiosa.
Il
monastero sorge tra le montagne, e come sfondo, ha le cime perennemente
innevate del monte Ararat (quasi 6ooo m.). Facciamo mille foto in questo
posto meraviglioso ed emblematico, perché ci ricorda Noè, la sua Arca,
la salvezza del resto d’Israele dopo il diluvio, l’arcobaleno, il patto
della alleanza nuova con Dio.
Alla
pinacoteca nazionale vediamo un quadro che rappresenta la scena di Noè
che esce dall’Arca con la sua gente e i suoi animali. Ci sembrava di
essere anche noi tra quella scia che scende dall’Ararat e di certo lo
siamo in qualche modo.
Oltre a
Gregorio l’Illuminatore, conosciamo altri Santi di questa terra: S
Gregorio di Narek, i cui scritti sono posti alla nostra attenzione e
meditazione ogni mattina in corriera, con la bella voce di Paolo ed il
commento di don Claudio; le Sante Vergini Crispina e Gaianè che
accettarono il martirio per fedeltà al loro credo. Anche a loro è
dedicata una chiesa.
Conosciamo i sacerdoti armeni.
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