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Poiché
quasi tutta la cronologia della vita di Rita viene data per approssimazione,
non è possibile precisare l'anno della sua professione religiosa, che dovette
aver luogo quand'ella non aveva ancora superato i trent'anni, venendo ammessa,
quantunque illetterata, tra le monache coriste, anziché tra le converse, con
la commutazione dell'ufficio divino con altre orazioni. Nel monastero Rita
condusse una vita di elevata santità, sublime nell'obbedienza, ardente nella
carità e nella pietà, eroica nella penitenza, suscitando l'ammirazione
incondizionata di tutte le sue consorelle, alle quali seppe essere di costante
edificazione. Intensamente
devota della Passione di Cristo, che costituiva inoltre l'argomento preferito
delle sue diuturne meditazioni, Rita anelò persino di soffrirne i dolori, e
un giorno che, prostrata davanti al Crocifisso, supplicava fervidamente il
Divin Redentore di volerla esaudire, sentì una spina della sua corona
conficcarlesi nella fronte, producendole una profonda piaga, che divenne in
seguito purulenta e fetida sì da costringerla alla segregazione fino al
termine della vita. Soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma,
Rita chiese al Signore ed ottenne che la piaga ripugnante scomparisse, pur
rimanendole l'acerbo dolore, affinché potesse circolare in mezzo alla gente.
Logorata dalle sofferenze, dai digiuni
e dalle fatiche, ad un certo momento Rita fu costretta a restare continuamente
coricata nel suo povero giaciglio, in cui patì ancora alcuni anni prima che
Dio la chiamasse al premio eterno, il 22 maggio 1447 (e non 1457, com'è stato
sempre ripetuto), mentre un suono di campana, mossa da mano angelica,
annunciava il suo beato trapasso.
CULTO
Per singolare privilegio il corpo
di Rita non fu mai sepolto, rimanendo altresì prodigiosamente incorrotto.
Uscito indenne dall'incendio che qualche anno dopo distrusse la primitiva
cassa cipressina, venne deposto in un più artistico sarcofago ligneo lavorato
da Cesco Barbari, un falegname di Cascia, devoto della santa e risanato per
sua intercessione da una grave malattia; i dipinti che vi figurano, sono attribuiti
ad Antonio di Norcia. Rita
cominciò a godere di culto pubblico, canonizzata dal popolo ancor prima che
dalla Chiesa, culto che rifulse di aumentato splendore dopo il processo del
1626, allorché Urbano VIII approvò la Messa propria della santa nel 1627,
per culminare con la solenne canonizzazione proclamata, il 24 magg. 1900, da
Leone XIII, che chiamò santa Rita « la perla preziosa dell'Umbria ».
Dall'Italia, che in onore della mistica agostiniana ha innalzato un grande
santuario in Cascia (1937-47), ivi raccogliendone le venerate spoglie, la
devozione per santa Rita si è diffusa anche in Spagna e nel Portogallo,
estendendosi poi nell'America latina e nelle Filippine, e successivamente
negli Stati Uniti d'America, dove vari paesi e numerose chiese sono stati
intitolati al nome della famosa taumaturga italiana, che viene commemorata
dovunque il 22 maggio con grandi manifestazioni religiose.
Preghiera
di S.Rita
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