ICOLA, vescovo di Mira (Turchia sud), santo san Nicola (clicca per ingrandire) sintesi della descrizione
 

Secondo la narrazione fattane da due scrittori baresi contemporanei all'avvenimento, l'arcidiacono Giovanni ed il benedettino Niceforo, i quali, concordi sostanzialmente tra di loro, si trovano altresì a concordare anche con la leggenda russa di Kiev, forse la più vicina al fatto, la trasIazione delle spoglie di san Nicola sarebbe avvenuta per opera di alcuni marinai baresi, che stavano tornando da Antiochía, dove avevano sbarcato grano, operazione questa, tuttavia, avente solo fine diversivo, in quanto pare ormai certo che la traslazione non fu occasionale, ma organizzata scientemente a Bari dai due sacerdoti, Lupo e Grimoaldo, «la cui presenza nelle navi - sostiene ben a ragione Francesco Nitti nel suo pregevole studio al riguardo non si spiegherebbe se lo scopo del viaggio fosse stato solo il commercio del frumento». Un documento della seconda metà del sec. XII ci ha conservato pure i nomi dei sessantadue marinai che parteciparono all'eccezionale spedizione, ai quali l'idea di portar via da Mira le reliquie del suo antico vescovo Nicola era sorta non soltanto dal vivo desiderio di trasferirle in terra cristiana (trovandosi infatti Mira già da qualche anno sotto il dominio dei Turchi), ma anche perché fermamente convinti dell'onore che la presenza dei sacri resti del glorioso taumaturgo avrebbe apportato alla loro città, prevenendo pertanto in tale intento i Veneziani, che, a quanto essi stessi avevano appreso, vagheggiavano di fare altrettanto. Gettata l'ancora nel porto di Andriaco, inviarono dapprima un esploratore a Mira per studiare la possibilità di tentare il colpo; e dopo che costui ebbe riferito che le reliquie di san Nicola si trovavano in un oratorio fuori della città, dove erano custodite da soli quattro monaci, sbarcarono durante la notte in quarantasette, accompagnati dai due sacerdoti Lupo e Grimoaldo, portandosi armati alla chiesa. 

PIRATERIA SPECIALE Venuti a conoscere da quei monaci, passando da una cospicua offerta in denaro alle minacce, il luogo dove giaceva il corpo del santo, s'impossessarono delle sacre reliquie, che trovarono galleggianti sulla «manna»; affidatele al prete Grimoaldo, i baresi si precipitarono quindi alle loro navi per fare rapido ritorno in patria, dove giunsero il 9 maggio 1087, anno da qualcuno forzatamente anticipato al 1071. Appena si sparse la notizia che in una di quelle galee, apparse al largo del loro mare, si trovavano le venerate spoglie dei famoso taumaturgo di Mira, il clero ed il popolo di Bari affluirono subito reverenti al porto per riceverle con tutti gli onori; ma a coloro che occupavano la barca pavesata mandata dall'arcivescovo Ursone a prelevare il prezioso carico per portarlo a riva, donde poi procedere processionalmente verso la cattedrale, i marinai dell'audace impresa si rifiutarono di consegnare le sacre reliquie, dichiarando che avevano fatto voto di depositarle soltanto in una chiesa appositamente costruita per custodirle. Vana fu pertanto ogni insistenza dell'arcivescovo, a cui i marinai non vollero assolutamente piegarsi, dando luogo ad un'aspra contesa, che venne nondimeno sedata in breve per l'intervento del vecchio abate benedettino Elia, il quale, spintosi fin sotto la nave, esortò vivamente i marinai a portare a terra le reliquie del santo, e, promettendo loro che al più presto si sarebbe posto mano alla costruzione del nuovo tempio, li invitò a depositarle nel frattempo nella chiesa dei Benedettini, da dove tuttavia vennero poco dopo trasferite di nascosto nella chiesa di S. Eustasio per maggiore sicurezza, temendosi un'azione di forza dell'arcivescovo.

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